L’introduzione delle nuove tecnologie potrebbe una drastica riduzione dei posti di lavoro disponibili, scatenando un’ondata di disoccupazione potenzialmente devastante. D’altronde è evidente come la capacità produttiva e i costi dei robot e delle macchine non siano neanche paragonabili con quelli umani. La letteratura su questo fenomeno si spreca, anche se, ad onor del vero, tutti gli studi rappresentano quadri a volte molto diversi tra loro.
Alla base di queste incertezze si pone il primo studio condotto sull’argomento, risalente al 2013 e condotto dai ricercatori Carl Frey
e Mchael Osborne dell’Università di Oxford. La ricerca in questione è stata presa a riferimento da tantissimi studi e pubblicazioni successive; tuttavia si sottolinea come, senza perdersi in tecnicismi, la ricerca sia viziata da una forte arbitrarietà nella scelta dei parametri.A complicare il tutto il fatto che tecnica utilizzata sia utilizzata anche dalle ricerche successive. Modificando i parametri di riferimento però hanno ovviamente fornito risultati completamenti. In buona sostanza sembra che ancora non ci sia uno strumento che funzioni realmente; non resta che sperare in un nuovo modello che possa fornire delle informazioni più dettagliate in un campo, quello del lavoro, che è di vitale importanza per la tenuta della società.