Enel è disposta a cedere Open Fiber, a patto che Cassa Depositi e Prestiti ne prenda il controllo operativo. Ieri l’amministratore delegato di Enel, Francesco Starace, nel corso della presentazione del piano industriale al 2023 ha sottolineato che “non è una questione di prezzo, ma soltanto di dettagli“.
Da sempre abbiamo detto che il nostro compito in questa avventura cominciata quattro anni e mezzo fa era di cablare il Paese e far partire un processo che altrimenti non sarebbe mai partito. Ci siamo riusciti. L’obiettivo successivo è monetizzare, come abbiamo detto da sempre di voler fare, poiché il nostro intento non è diventare un operatore telefonico o di media. Quindi mi sento di poter dire: missione compiuta
In considerazione di tali auspicate ricadute, che consideriamo estremamente positive per il Paese il governo, come più volte pubblicamente manifestato, valuta con favore la creazione della società della cosiddetta rete unica – purché, come comunicato al mercato alla fine dello scorso mese di agosto dai soggetti promotori, sia garantita l’indipendenza e la terzietà – ed auspica che, nell’ambito della propria autonomia decisionale, le scelte di codesta società contribuiscano al successo di un progetto di cruciale importanza economica e sociale per il Paese, con la piena consapevolezza, da parte di chiunque dovesse acquistare, degli obiettivi sopra delineati
Starace ha esplicitato che in caso di uscita di Enel da Open Fiber il controllo operativo sarà esercitato da CdP, l’altro azionista (oggi al 50%, NdR.). Per i passi decisivi è ormai “questione di settimane“, anche perché l’offerta del fondo Macquarie sarà per una quota compresa tra il 40 e il 50%. CdP dovrà quindi accordarsi sul prezzo di un ipotetico 10% che le consentirebbe il rafforzamento della quota azionaria. Si parla di circa 700 milioni di euro, che però stonano con le valutazioni inziali del progetto.