Che una banca fallisca non è un’eventualità così remota. Negli ultimi anni si sono verificati casi simili, ad esempio con Banca Etruria o Popolare di Vicenza, e i risparmiatori che avevano conti presso quelle banche si sono ritrovati a seguire con apprensione le sorti dei propri conti correnti e del denaro lì depositato.
E adesso che la crisi economica dovuta alla pandemia incombe, è difficile star sereni: il timore che il sistema bancario subisca un tracollo è tangibile, soprattutto a livello delle banche di più modeste dimensioni. Ma c’è una misura a tutela dei risparmiatori in caso di fallimento della banca di riferimento?
Al momento del dichiarato fallimento, la banca può andare incontro a diverse vie. La prima prevede l’assorbimento o l’acquisizione dell’istituto da parte di un’altra banca – e pertanto i risparmiatori semplicemente “migrano” verso la nuova banca. In un secondo scenario, la banca viene divisa in due istituti
, di cui uno a tutela dei risparmi e un altro che assume su di sé tutte le perdite e le passività verificatesi nel contesto della banca.Infine, un terzo scenario prevede un taglio su titoli, azioni e tutti i conti corrente superiori ai 100.000 euro (cosa che nel nostro Paese non è mai successa).
L’eventuale tracollo di una banca non è uno scenario irreparabile. Esiste un Fondo interbancario di tutela dei depositi, che garantisce depositi fino a 100.000 euro e che include conti correnti, contanti e depositi vincolati. Altresì inclusi sono i certificati di deposito nominativi, libretti di risparmio nominativi e assegni circolari.
Non sono compresi, invece, depositi al portatore e carte di credito; d’altronde questo fondo rappresenta una forma di garanzia per i risparmiatori.