Il disastro nucleare di Chernobyl provocò svariati danni a livello ambientale e non solo. Ma questo già lo sapevamo. Ciò che invece ci era sfuggito sono i danni che la fauna selvatica ha riportato, più precisamente sulla specie dei bombi. Questi hanno sempre più problemi per quanto riguarda la riproduzione, nonostante siano trascorsi 35 anni da quel terribile 26 aprile 1986.
Dalla nuova ricerca condotta dagli scienziati dell’Università di Stirling sono quindi emersi i tassi di riproduzione dei bombi che vivono nelle aree contaminate da radiazioni, come appunto Chernobyl.
Chernobyl: le diverse teorie sulla scomparsa dei bombi
La dott.ssa Katherine Raines della Facoltà di scienze naturali, sottolinea che la scomparsa progressiva dei bombi può avere conseguenze più ampie per l’ecosistema, tra cui una riduzione dell’impollinazione.
Esistono più teorie in merito: alcune dichiarano che gli insetti sono relativamente resistenti alle radiazioni, altre invece hanno mostrato i gravi danni riportati dai bombi a causa delle radiazioni.
Una nuova ricerca pubblicata su Proceedings of the Royal Society B: Biological Sciences, dichiara che l’esposizione a una dose di 100 µGyh-1 potrebbe ridurre la riproduzione dei bombi tra il 30 e il 45%. Ciò significa che la zona di esclusione di Chernobyl (50-400 µGy h −1) ha comunque alterato la riproduzione dei bombi ritardando la crescita delle colonie, ma fortunatamente non ha inciso sulla longevità.
Katherine Raines afferma: “La nostra ricerca fornisce la necessaria comprensione sugli effetti delle radiazioni in aree altamente contaminate e questa è la prima ricerca a sostenere la raccomandazione internazionale sugli effetti delle radiazioni sulle api”. E aggiunge: “I nostri dati suggeriscono che gli insetti subiscono conseguenze negative significative a tassi di dose precedentemente ritenuti sicuri. Pertanto, raccomandiamo revisioni pertinenti al quadro internazionale per la protezione radiologica dell’ambiente”.