In questi giorni l’asteroide 2020 SO ha fatto molto parlare di sé, per via del suo “fly-by” entrando nell’orbita del nostro pianeta e precisamente in quella che gli scienziati definiscono Sfera di Hill. Quest’area corrisponde ad una zona all’interno di cui gli oggetti spaziali iniziano a risentire maggiormente dell’attrazione gravitazionale creata dal nostro pianeta rispetto a quella del Sole.
Si tratta di un fenomeno estremamente comune, ma l’asteroide in questione, osservato per la prima volta il 17 settembre scorso, ha destato da subito alcune perplessità che hanno poi condotto ad un’eccezionale scoperta: 2020 SO in realtà non è un asteroide.
Dopo diversi giorni di osservazione, anche per merito del progressivo avvicinamento dell’oggetto spaziale alla Terra, è stato possibile distinguerne più chiaramente le caratteristiche, al punto da iniziare a dubitare che si trattasse di un vero asteroide.
Da immagini più ravvicinate e nitide, combinate con complessi calcoli effettuati dallo CNEOS anche sulla base dei dati dell’IRTF, si è potuto comprendere la natura dell’oggetto: un razzo Centaur lanciato negli anni ‘60.
A settembre, infatti, aveva destato una certa curiosità l’osservazione attraverso il telescopio Pan-STARRS1 di questo agglomerato di materia in moto verso la Terra, ma già da subito gli algoritmi che hanno permesso l’analisi delle traiettorie precedenti e l’incrocio di questi con i dati dei lanci spaziali hanno rivelato una coincidenza – poi confermata dalle analisi spettrofotometriche a cura del team di Vishnu Reddy dell’Università dell’Arizona – con uno stadio del razzo impiegato nella missione NASA Surveyor 2.