Una scoperta dell’istituto Ces-Info di Monaco di Baviera potrebbe stravolgere la nostra percezione del dibattito diesel vs elettrico. Da anni, infatti, le due tecnologie vengono messe a confronto sulla base delle emissioni, per decretare quale delle due rappresenterà il futuro dell’automotive.
Eppure, il piano su cui l’analisi viene condotta non è del tutto equo fra le due parti, dal momento che il più delle volte si va a valutare essenzialmente l’impatto in termini di inquinamento prodotto dal momento dell’accensione del motore, dimenticando che esiste tutto un “pre” a fare da spartiacque tra una tecnologia e l’altra.
Non si può ignorare, infatti, il processo produttivo che porta al risultato finale, e anch’esso determina notevoli emissioni: sorprenderà, però, sapere che “l’aria cattiva” emessa durante la costruzione di un veicolo elettrico è spesso maggiore in quantità di quanta ne venga prodotta per i motori elettrici.
A calcolare la somma delle emissioni sia al momento della produzione sia al momento dell’utilizzo su strada contribuisce un approccio molto complesso, chiamato Life Cycle Assessment. Si tratta di un modello estremamente avanguardistico, che permette di dare significato ad una serie di dati che fino ad ora erano stati considerati relativamente.
Per essere precisi, nella produzione di un’auto elettrica esistono dei passaggi altamente inquinanti, come la fabbricazione dei pacchi batteria e l’estrazione dei metalli rari indispensabili a produrli. Da non dimenticare neppure le risorse impiegate per creare l’energia elettrica necessaria alla loro alimentazione.
Per questo motivo, le auto elettriche possono risultare un acquisto vantaggioso per l’ambiente solamente a patto di un utilizzo prolungato (almeno una decina d’anni) e una discreta percorrenza di km annuali. Solo così, con le emissioni a zero, diviene possibile bilanciare i gas inquinanti finiti nell’aria durante il processo produttivo.