All’inizio della pandemia, quando ancora si stavano valutando e varando le misure economiche da adottare per fronteggiare l’imminente crisi, una delle proposte che aveva suscitato maggiormente il dibattito pubblico corrispondeva all’introduzione di una patrimoniale sui conti correnti.
Questa possibilità, paventata soprattutto da parte degli esponenti di opposizione, era stata inizialmente smentita dal Governo, che non aveva alcuna intenzione di adottare una misura economica che potesse scoraggiare gli investimenti in Italia da parte dei possessori di grandi patrimoni.
D’altra parte, nelle ultime settimane, questa proposta è tornato a farsi spazio soprattutto in vista della nuova Legge di Bilancio 2021, e l’intenzione sarebbe quella di andare a tassare esclusivamente patrimoni superiori ai 500.000 euro.
Patrimoniale: più che rischio, un’opportunità per le fasce più deboli
Se prima questa eventuale strategia veniva vigorosamente rifiutata e allontanata, oggi la possibilità di indurre coloro che detengono la maggior parte della ricchezza in Italia a contribuire, seppur in piccola parte, a sostenere le fasce più deboli della popolazione appare una strada più che percorribile.
Per di più, con un simile provvedimento, si andrebbero ad ottenere ben 18 miliardi, sufficienti per abolire l’IMU nonché la tassa sui conti correnti (pari a 34,20 euro all’anno) e sui depositi. Ciò agevolerebbe la transizione verso forme di pagamenti digitali e alleggerirebbe il costo dei conti correnti per gli utenti.
La detrazione, inoltre, non sarebbe uguale per tutti, ma seguirebbe una precisa logica di proporzionalità rispetto all’ammontare del patrimonio, secondo questa scala:
- Una tassa dello 0,2% sui patrimoni da 500.000 a 1.000.000 di euro;
- Una tassa dello 0,5% sui patrimoni superiori ad 1.000.000 e fino a 5.000.000 di euro;
- Una tassa dell’1% sui patrimoni superiori a 5.000.000 e fino a 50.000.000 di euro;
- Una tassa del 2% da 50.000.000 di euro in su.