Avere denaro sul conto corrente appare ormai quasi scontato. Visto che anche lo stesso Governo si sta muovendo per incentivare i cittadini all’utilizzo degli strumenti di pagamento digitale – al fine di combattere l’evasione – pare una scelta obbligata trasferire i propri risparmi presso una banca.
Eppure non sempre questa scelta paga, o quantomeno, pur essendo la strada giusta per trasformare tutti i pagamenti in versione digitale e completamente tracciabile, non risulta una strategia corretta tenere denaro immobile sul conto corrente.
Le tasse che gravano in base alle quote affidate alle banche, le imposte sulla creazione del conto e i costi di gestione dello stesso possono portare ad un crollo graduale del capitale accumulato sul conto: si stima che in appena 5 anni, senza considerare alcun prelievo, 1.000 euro possano diventare appena 180.
Com’è possibile una tale perdita di denaro? È necessario ricordare, per comprendere questo fenomeno, che esiste una serie di fattori che agiscono sul denaro in deposito e ne diminuiscono il valore nel tempo.
Su tutti, l’inflazione: l’assestamento della moneta nei mercati mondiali e le relative fluttuazioni la rendono soggetta nel tempo a perdita di valore, che si attesta su una media annua dello 0,7% in Italia (dato del momento attuale, ma il target della BCE corrisponde al 2%).
Per avere denaro sul conto, inoltre, si pagano degli interessi proporzionali alla quantità di soldi depositati. Ma anche ammettendo che questi tassi siano nulli, il conto è soggetto alla tassazione con l’imposta di bollo annuale pari a 34,20 euro e ad un costo medio di gestione calcolato attorno ai 145 euro.
A questo, poi, si aggiunge un fattore che viene chiamato “mancato guadagno” e corrisponde all’assenza di introiti che invece proverrebbero dall’investimento di quella somma.
Proprio per evitare un tale crollo delle somme presenti sul conto nel giro di pochi anni, nella prossima Legge di Bilancio si sta pensando di eliminare la tassa sul possesso del conto corrente.