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WhatsApp, nuovi termini e condizioni: gli utenti temono per la privacy

Negli scorsi giorni – e in quelli a venire per chi ancora non l’avesse ricevuto – è comparso su WhatsApp un banner che informa gli utenti dell’app di un importante aggiornamento dei termini e delle condizioni di utilizzo.

Questa campagna d’informazione, già avviata dal 4 gennaio, definisce che il nuovo gruppo di condizioni potrà essere accettato entro il prossimo 8 febbraio 2021, pena l’impossibilità di proseguire con l’uso della chat. L’update delle nuove condizioni è differente a seconda che si appartenga ad un Paese extra UE o ad una nazione facente parte dell’Unione Europea, e ciò che varia ha un impatto notevole sulla privacy degli utenti.

Ma cosa cambia sostanzialmente e perché è così importante conoscerne il contenuto?

WhatsApp aggiorna i termini e le condizioni d’uso, ma gli Europei sono tutelati in tema privacy

Ciò di cui WhatsApp – che ricordiamo essere di proprietà di Facebook – sta avvisando gli utenti consiste nella condivisione dei dati riguardanti la propria utenza con Facebook “per fini di marketing e profilazione”. 

Questa operazione si inserisce nel solco di una serie di modifiche poste in essere per accentrare sempre più i dati provenienti dalle app facenti parte dell’universo di Zuckerberg nelle mani di Facebook, e gli utenti di tutto il mondo temono per la propria privacy.

Fortunatamente, in Europa il GDPR (General Data Protection Regulation, ossia il Regolamento generale per la protezione dei dati) non consentirebbe una simile modifica, perciò gli utenti europei non sono contemplati in questa modifica.

Ciò però conduce ad una riflessione importante sul ruolo sostanziale svolto dalla Commissione Europea nello stabilire i confini entro cui queste aziende private possono operare: risulta fondamentale che ci sia un Regolamento arginare l’ingerenza di simili aziende, tenendo per giunta presente che Facebook è stata dichiarata dalla Corte di Giustizia Europea “non capace di garantire la tutela dei diritti degli utenti europei”, come riportato nella sentenza.

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Pubblicato da
Monica Palmisano