Il 2020 che ci siamo lasciati alle spalle è stato sicuramente uno degli anni più neri che sono arrivati dal secondo dopoguerra, l’emergenza Coronavirus ha infatti scosso tutto il pianeta, disintegrando in pochi mesi i pilastri fondanti di molti paesi e gettandone molti in crisi economico-sanitarie non indifferenti.
Il virus ha assunto una gravità così elevata soprattutto a causa del suo alto tasso di ospedalizzazione, talmente alto da poter saturare gli ospedali in pochi mesi, cosa che ad esempio i tumori, impiegherebbero anni a fare, un dettaglio che ha subito messo in moto le autorità per evitare un collasso dei sistemi sanitari.
Il Sars-CoV-2 come abbiamo letto può presentarsi in vari modi, con una clinica decisamente favorevole, senza sintomi palesi e dunque a decorso decisamente benigno, oppure in modo molto più grave, portando ad una polmonite interstiziale detta appunto SARS (Severe Acute Respiratory Syndrome), potenzialmente letale a causa della fortissima risposta infiammatoria che essa porta con se.
Sindrome post-covid
Ciò di cui però in molti non hanno ancora sentito parlare è la sindrome post-covid, una serie di sintomi che resta invariata anche a seguito della guarigione dall’agente virale, come perdita del gusto protratta, spossatezza o stanchezza a lungo termine, tutta una serie che in molti hanno continuato ad accusare in intensità direttamente proporzionale alla severità della patologia appena superata.
Si parla ovviamente di sintomi molto più vaghi rispetto a quelli della patologia conclamata, che comunque venivano segnalati dai pazienti ai vari operatori sanitari, i quali però spesso, in preda alla furia del virus, non trovavano tempo per preoccuparsene adeguatamente vista la presenza di situazioni ben più gravi da gestire in un contesto affollato e congestionato.
Questo status ha ora un nome long-haul COVID, si tratta però di un primo passo verso la definizione di un qualcosa che a quanto pare risulta di davvero difficile diagnosi, dal momento che questo status presenta dei sintomi molto aspecifici che sono difficilmente riconducibili al Coronavirus, del resto, come si potrebbe subito pensare in tale direzione davanti ad un paziente che accusa mal di testa, spossatezza, smemoratezza e dolori muscolari, sintomi che per alcuni sono durati giorni, per altri mesi o sono ancora in corso.
Ovviamente con pochi dati alla mano, vista la “giovinezza” del virus e visto lo stato di emergenza è al moneto difficile programmare un piano di intervento e di gestione di questa sindrome post-covid, non a caso in molti ospedali è stato suggerito ai pazienti di tornare a casa e rilassarsi per cercare di smaltire al più presto la botta subita dall’organismo.