Nell’ultimo periodo il dibattito pubblico è stato animato da un emendamento alla Manovra Fiscale 2021, presentato a prima firma Fratoianni (LeU) e Orfini (Pd). Qual era l’obiettivo? Operare una ridistribuzione del carico fiscale imponendo una tassa sui grandi patrimoni.
La proposta ha suscitato notevoli polemiche, ma proprio per la sua rilevanza andrebbe analizzata anche se, successivamente, è stata ritirata dagli stessi firmatari.
Una premessa è d’obbligo: quando si parla di tassa patrimoniale non si intende un’imposta univoca, bensì un insieme di tributi che possono essere riuniti sotto questa definizione in quanto dipendono direttamente o indirettamente dal patrimonio di un nucleo familiare o di un cittadino. Ad oggi, in Italia paghiamo già due patrimoniali: l’IMU sulle seconde case e l’imposta di bollo sul conto corrente, pari a 34,20 euro l’anno.
Queste due tasse garantiscono allo stato un gettito di circa 18 miliardi, che vengono reinvestiti in altri settori.
Una terza patrimoniale sarebbe quella proposta dai due parlamentari, che hanno studiato un’imposta che andrebbe a gravare esclusivamente sui grandi patrimoni, quelli dai 500 mila euro in su.
Trattandosi di una tassa su patrimoni molto ingenti, appare chiaro che non andrebbe in alcun modo a toccare i cittadini meno abbienti. Anzi, andrebbe addirittura ad agevolarli: si stima che imponendo questa patrimoniale rientrerebbero nelle casse dello stato oltre 16 milioni di euro, che con una piccola integrazione consentirebbero l’eliminazione delle due patrimoniali che invece gravano su tutti i cittadini, ossia l’IMU sulla seconda casa e la tassa sui conti correnti.
In aggiunta, non tutti i possessori di grandi patrimoni contribuirebbero allo stesso modo, ma andrebbero a versare questa tassa secondo un preciso schema di proporzionalità:
Al momento, come detto in precedenza, la proposta è stata ritirata. Ma noi continueremo a seguire i risvolti che si dipaneranno nei prossimi mesi e le eventuali discussioni che ne seguiranno.