Nick Pickles afferma che è impossibile per qualunque piattaforma social di tale portata non guardare agli eventi del 6 gennaio senza dei sensi di colpa. Infatti oltre a Twitter, colpevoli anche TikTok, Snapchat, Google e Facebook per quanto riguarda l’incitamento all’odio e la disinformazione. Segnalare un problema non è abbastanza, bloccarne la diffusione diventa fondamentale.
“Quest’anno abbiamo cambiato il nostro approccio e rimosso in modo deciso 70.000 account. Penso che la sfida in questo momento sia guardare ai nostri servizi e dire le politiche che abbiamo ora sono quelle che avevamo nel 2016? Non lo sono. Siamo disposti a prendere decisioni difficili quando necessario. Penso che riflettere sulle nostre azioni intorno alle rivolte del Campidoglio e alla fine sospendere il racconto personale del Presidente degli Stati Uniti sia stato un momento senza precedenti. Abbiamo visto come venivano interpretati quei tweet e abbiamo deciso di rimuovere l’account”.
“Quindi abbiamo sicuramente molto da fare e da imparare, ma penso anche che abbiamo fatto progressi dal 2016”. Pickles ha anche affermato che esisteva una connessione palesemente reale dal danno online a quello offline e che la società non ha fatto abbastanza per fermare l’indebolimento della fiducia nel processo civico. Trump ha continuamente utilizzato il suo account Twitter per promuovere teorie del complotto infondate su un’elezione “rubata”. Twitter avrebbe potuto fare di più applicando ulteriormente le etichette ai tweet e avendo comunicazioni chiare con gli utenti sui termini di servizio.