Il morbo di Parkinson è una malattia di tipo neurodegenerativo progressivo ad evoluzione lenta. I pazienti che ne sono affetti manifestano rigidità, deficit posturali e spesso tremore distale a riposo. Si tratta di una patologia che conduce, inesorabilmente, ad una progressiva degenerazione cronica dei neuroni della substantia nigra, una piccola area del sistema nervoso centrale. Oggi, per i soggetti che soffrono di tale disturbo neurologico sembra ci siano delle importanti novità.
Alcuni scienziati italiani infatti, facenti capo alle Università di Roma Sapienza e Tor Vergata insieme a colleghi del Cnr, hanno individuato un nuovo potenziale biomarcatore in soggetti con Parkinson. Nello specifico, durante uno studio pilota i ricercatori italiani hanno dimostrato, per la prima volta, un aumento importante della chemochina Prochineticina 2 (PK2) nel siero di pazienti affetti da questo disturbo neurologico. Ciò suggerisce un potenziale ruolo protettivo di questa chemochina in questa particolare categoria di pazienti.
Un nuovo potenziale biomarker precoce e target farmacologico per i pazienti con Parkinson
Per giungere a tale conclusione gli studiosi italiani hanno analizzato il sangue di 31 pazienti con malattia di Parkinson dimostrando che i livelli della PK2 erano significativamente più alti nel siero di questi ultimi rispetto ai soggetti sani di controllo. La PK2 è un peptide chemochino-simile abbondantemente espresso nel SNC e che risulta coinvolto in diverse funzioni sia fisiologiche che patologiche tra cui la neuroinfiammazione. Già studi antecedenti avevano dimostrato che la PK2 è un fattore che si attiva precocemente alla degradazione dei neuroni della substantia nigra associata al Parkinson. Ciò, suggerisce un ruolo neuroprotettivo della PK2 attraverso un’azione di ripristino del danno mitocondriale.
I risultati di questo lavoro suggeriscono dunque che la PK2 possa rappresentare un potenziale biomarcatore precoce della malattia di Parkinson. Inoltre, questo stesso biomarker potrebbe anche diventare un target farmacologico importante per la messa a punto di terapie potenzialmente utili per trattare questo disturbo neurologico.
Trovate maggiori informazioni leggendo l’articolo relativo a questa scoperta pubblicato sulla rivista Movement Disorders.