Sono passati ben 34 anni dal tremendo disastro nucleare che, nella notte del 26 aprile 1986, ha completamente distrutto la città di Chernobyl. Sebbene siano trascorsi cosi tanti anni da quei maledetti giorni, purtroppo la città risulta essere ancora inabitabile, ma soprattutto continua ad essere avvolta da enormi misteri.
Nonostante la miniserie “Chernobyl”, prodotta da Sky ed HBO, abbia finalmente chiarito le dinamiche principali dell’incidente, purtroppo sono ancora molteplici le domande relative alla catastrofica esplosione del reattore 4 ed alla successiva diffusione di radiazione nell’aria.
Grazie all’impiego di nuove tecnologie, come droni con sensori LiDAR e cani robotici, di recente la scienza ha portato alla luce alcuni segreti davvero interessanti. Scopriamo di seguito quanto emerso nel corso delle ultime indagini.
Grazie all’ausilio di nuove tecnologie, impiegate per effettuare delle ricerche più approfondite, di recente alcuni ricercatori hanno rilevato nella città radioattiva la presenza di un particolare fungo
chiamato Cladosporium sphaerospermum. Quest’ultimo, dunque, sembrerebbe aver favorito la sanificazione del luogo assorbendo gran parte delle radiazioni emesse in seguito allo scoppio del reattore 4.“Il Cladosporium sphaerospermum è già stato in grado di assorbire i dannosi raggi cosmici sulla Stazione Spaziale Internazionale. Potrebbe essere potenzialmente utilizzato per proteggere le future colonie di Marte”.
Clay Wang, ricercatore dell’Università della California del Sud, ha proseguito affermando che:
“I progressi nell’uso dei poteri dei funghi per scopi medicinali sono stati graduali, ma sono stati potenziati negli ultimi anni da diversi studi. Coltivandolo nella Stazione Spaziale Internazionale, dove il livello di radiazione è aumentato rispetto a quello sulla Terra”.