Xiaomi non ci sta, dopo essere stata inserita nella blacklist degli Stati Uniti d’America dall’ormai ex-presidente Donald Trump, decide di far ricorso presentando un’azione legale direttamente nei confronti dei dipartimenti del Tesoro e della Difesa, con il chiaro obiettivo di giungere ad una risoluzione favorevole.
Un provvedimento purtroppo molto simile a quanto attuato in passato per Huawei, attivato ufficialmente nel corso del mese di Gennaio, con il quale il Governo vieta a tutti gli investitori degli Stati Uniti di acquistare azioni o titoli finanziari. Questi non è legato alla sola Xiaomi, ma ad un insieme di 31 aziende cinesi, nell’imperitura “Guerra Fredda” con la Repubblica Popolare Cinese.
La risposta dell’azienda di Pechino non si è fatta attendere, con un comunicato ufficiale, Xiaomi vuole far valere giustamente le proprie ragioni.
Xiaomi fa ricorso alla decisione degli Stati Uniti
Leggendo le dichiarazioni, la versione integrale è raggiungibile qui, ritiene che la definizione di “società militare cinese comunista, sia errata e priva di fondamento, anzi abbia privato la suddetta di un giusto processo nel quale possa dimostrare l’esatto contrario”.
Principalmente per questo motivo, quindi, Xiaomi ha deciso di presentare un esposto al tribunale, chiedendo che venga fatto un passo indietro, nella “tutela degli azionisti, degli investitori, dei dipendenti, dei partner commerciali e anche degli utenti finali”.
Una decisione in questa direzione “danneggerà Xiaomi dalla possibilità di vendere i propri prodotti, mantenere i propri dipendenti (assumendone anche di nuovi) e finanziari i propri affari”. La palla ora spetta agli Stati Uniti, in una vicenda che non è destinata a terminare in tempi brevi.