Sicuramente molto di noi si saranno posti questa domanda: ma una volta contratta l’infezione da SARS-CoV-2, quanto dura l’immunità che il nostro corpo sviluppa nei confronti di questo agente patogeno? Cioè per quanto tempo ancora continuiamo a produrre anticorpi contro il nuovo coronavirus? Si tratta di un quesito per il quale non esiste ancora una risposta definitiva, però un recente studio offre una risposta che potrebbe essere considerata davvero incoraggiante.
Si tratta di uno studio pubblicato sulla celebre rivista Nature da un team di ricercatori della Rockefeller University. Nel loro lavoro, gli scienziati hanno messo in evidenza il fatto che le persone che hanno contratto l’infezione da SARS-CoV-2 rimangono “protette” per almeno sei mesi. Però, sempre secondo i ricercatori, la protezione immunologica di queste persone durerebbe molto di più. Lo studio in questione, infatti, fornisce una prova del fatto che il sistema immunitario umano riconosce e categorizza in modo efficiente questo nuovo virus e riesce poi a contrastarne l’infezione per diversi mesi proprio grazie agli anticorpi.
Gli scienziati hanno anche scoperto che l’efficienza di questi anticorpi naturali prodotti da chi ha contratto l’infezione migliorano con il passare del tempo. Ciò poiché gli stessi anticorpi continuerebbero ad evolversi a causa dell’esposizione ai resti del virus che rimangono nascosti. Per giungere a tale conclusione gli studiosi americani hanno eseguito degli esperimenti analizzando le risposte anticorpali di 87 soggetti infettati dal nuovo coronavirus: sei mesi dopo aver contratto l’infezione, gli anticorpi prodotti erano ancora presenti ma a livelli più bassi.
Allo stesso tempo, però, i ricercatori hanno scoperto che le cellule B della memoria di questi pazienti non diminuivano nel tempo anzi, aumentavano. Si tratta di una notizia davvero ottima poiché le cellule B memory sono quelle che continuano a produrre gli anticorpi una volta neutralizzata l’infezione. Un’altra cosa sorprendente è che questi anticorpi, con il tempo, diventano sempre più efficaci: un risultato che gli scienziati non si aspettavano assolutamente di riscontrare in un’infezione acuta come quella di SARS-CoV-2.