La crisi legata alla pandemia di Covid 19 non può non aver toccato le banche. Tuttavia, gli istituti di credito si ritrovano ad affrontare questa situazione in una condizione totalmente diversa rispetto a quando, nel 2007, scoppiò quella che ormai conosciamo come grande recessione. Nel suo intervento alla commissione Banche, il governatore Ignazio Visco ha inoltre voluto tranquillizzare i consumatori sulla classificazione dei default.
Durante l’intervento inoltre, il governatore della Banca d’Italia ha rivolto anche un pensiero al suo predecessore Mario Draghi. Riferendosi al problema della crescita del debito pubblico ha affermato: “Non so se il presidente del Consiglio incaricato avrà la bacchetta magica per risolvere il problema di una crescita del debito pubblico“. Sottolineando quanto sia delicato il problema per il nostro paese.
Banche: la resistenza alla crisi
Il grosso problema per le banche sta nel deterioramento delle linee di credito; una problematica non da poco ma che non pone gli istituti di credito nella stesa posizione del 2007. Al momento infatti gli istituti non sembrano risentire in modo significativo della crisi pandemica; il rapporto tra la totalità dei prestiti emessi e i Non Performing Loans infatti rimane stabile intorno all’1% a fronte di picchiche raggiungevano anche il 6% nel 2007.
Ecco le parole di Visco: “Dei 280 miliardi di crediti alle imprese, circa 145 sono non garantiti e attualmente in bonis; qualora dovessero diventare NPL dovranno essere internamente svalutati non prima della fine del 2023. Per questi ultimi, anche facendo ipotesi molto conservative, le rettifiche di valore che le banche dovrebbero apportare sarebbero nel complesso gestibili: qualora il tasso di ingresso in default annuo fosse pari all’8% e fosse applicata una svalutazione integrale le perdite che le banche dovrebbero riconoscere nei tre anni successivi all’ingresso in default sarebbero pari a circa 11 miliardi“.