Abbiamo spesso sentito dire che il nostro secondo cervello è rappresentato dall’intestino e che quest’ultimo, in qualche modo, sia indissolubilmente legato al cervello stesso. Conosciamo tutti la connessione tra i disturbi dell’ansia e l’insorgenza di disturbi al colon. Ma, sicuramente, molto meno conosciuta è la possibile esistenza di relazioni tra cervello ed intestino in alcune patologie neurodegenerative o nei disturbi mentali.
Queste relazioni esistono: infatti, si ipotizza che l’asse intestino-cervello possa favorire la progressione della malattia di Parkinson o che, ancora, possa contribuire all’insorgenza di alcuni disturbi del neurosviluppo. Si tratta di interazioni, fino a poco tempo fa, soltanto ipotizzate e difficilmente riproducibili su modelli animali. Oggi, però, grazie ad un gruppo si scienziati del Massachusetts Institute of Technology (MIT) è stato possibile studiare realmente il collegamento cervello-intestino grazie ad un innovativo dispositivo. Nello specifico, gli studiosi hanno provato a replicare queste interazioni su di un chip.
Gli organi su chip sono modelli in miniatura degli organi del corpo umano costituiti da una serie di colture cellulari connesse da microcanali per il trasporto dei fluidi. Gli scienziati del MIT hanno costruito un chip nel quale hanno introdotto cellule cerebrali. Così, utilizzando un organo su chip, i ricercatori hanno potuto studiare come i microbi dell’intestino influiscono sul tessuto cerebrale sano o su quello compromesso di pazienti con Parkinson. Essi hanno notato che le cellule del cervello sane hanno ricevuto un input alla maturazione da parte delle cellule intestinali, mentre le cellule cerebrali malate non hanno ottenuto nessun beneficio. Si tratta di una scoperta a dir poco straordinaria che dimostra come esiste realmente un collegamento cervello-intestino e che questo ha un’influenza importante nelle malattie neurodegenerative.
Potete trovare maggiori informazioni leggendo lo studio pubblicato sulla celebre rivista Science Advances.