Blackout Challenge, Blue Whale, Jonathan Galindo, Knock out challenge, sono solo alcuni esempi delle sfide pericolose manifestatasi negli ultimi anni tra bambini e adolescenti. Il mezzo è quasi sempre lo stesso: i social network. Apparentemente si tratta di challenge che portano le anime più fragili alla morte, in realtà dietro a queste si nasconde un mondo triste e macabro. Ad aiutarci nella comprensione troviamo Michela De Luca, psicologa psicoterapeuta, esperta di Cyberpsicologia all’Università Europea, responsabile Età evolutiva – Itci di Roma.
Social Network: parola agli esperti di Cyberpsicologia e non solo
De Luca ha dichiarato: “È impossibile pensare che sul successo di tali giochi incida il fattore novità: giochi simili sono praticati da generazioni. Si tratta di fenomeni virali ormai presenti nel web da molti anni, che diventano popolari in alcuni momenti specifici”. E ha proseguito: “Tik tok è il social con il più alto numero di utenti giovani o pre adolescenti. È tra le app più amate dalla cosiddetta generazione Z ma in passato ha dimostrato più volte il suo essere fallace nel controllare fenomeni pericolosi come questo”.
“I ragazzi appartenenti alla nostra società liquida appaiono più fragili. Ai tempi della pandemia il web e in genere tutti gli strumenti tecnologici sono stati sdoganati ed utilizzati ampiamente dai giovani anche con meno controllo da parte degli adulti. Figli di una società dove violenza e aggressività sono normalizzate e parte della dieta mediatica quotidiana, i nostri ragazzi vivono in una società competitiva e molto poco cooperativa. Si partecipa a una di queste sfide per trasgressione, per accrescere la propria autostima basata sul riconoscimento sociale, per rinforzare il proprio ruolo all’interno del gruppo dimostrando il proprio coraggio”. Una vera e propria gara volta a dimostrare “il più forte”, insomma.
Ha poi aggiunto la collega Marabella Bruno: “Altre volte sono strategie usate per sballarsi con il ‘brivido’ di un’emozione forte, rompendo la ripetitività della quotidianità, o per vantarsi davanti agli amici. Questi games possono inoltre esser connessi all’abuso di sostanze stupefacenti. Diventano infatti un modo ‘economico’ per procurarsi uno sballo momentaneo. La sfida fa sentire il giocatore parte di una famiglia global in cui ognuno condivide con gli altri le attività più estreme. I gamers sperimentano l’illusoria convinzione di sapersi fermare prima di farsi del male, ma non sempre ci riescono.”