Da qualche giorno New York è sotto lo scacco di una nuova variante del Covid che si sta rapidamente espandendo in città, immobilizzando i cittadini e costringendo i governanti ad adottare misure di emergenza per contrastare il fenomeno.
La variante newyorkese, altresì rinominata B.1.526, è stata isolata durante lo scorso novembre e si differenzia anche dalla variante californiana già nota. Come quella inglese, si presenta più aggressiva e più rapidamente trasmissibile, pertanto è necessario usare massima precauzione e non sottovalutarne gli effetti. Ma rispetto a quella scoperta in Gran Bretagna, questa variante ha una caratteristica che fa più paura.
A lanciare l’allarme – nonché a rendere il mondo consapevole di quanto sta accadendo nella metropoli statunitense – ci ha pensato il New York Times, che ha citato dei nuovi studi che descrivono la mutazione. Attualmente la variante in questione rappresenta il 27% delle sequenze virali afferenti alla città di New York, depositate nel database GISAID.
Negli studi menzionati, gli esperti hanno isolato due versioni della mutazione.
In un caso, la modifica spontanea del genoma virale è identificata come E484K sulla proteina Spike del virus: questo risulta particolarmente allarmante, perché in questo modo il patogeno potrebbe essere capace di eludere in parte le difese immunitarie preesistenti o create grazie al vaccino.Nel secondo caso, invece, la mutazione S477N può modificare invece l’aggressività del virus nei confronti delle cellule umane.
Questo è preoccupante in quanto potrebbe comportare l’inefficacia delle difese immunitarie costituitesi precedentemente (per aver contratto il Covid o per aver ricevuto il vaccino), causando eventuali reinfezioni nei pazienti che dovessero essere contagiati da questa variante.
Tuttavia secondo l’immunologo Michel Nussenzweig, pur trattandosi di una notizia poco piacevole, “anche solo sapere [della variante in circolazione] è positivo perché forse possiamo fare qualcosa in merito”. Il medico si dice allarmato maggiormente da questa variante che da quella californiana, ma anche la variante inglese desta altrettanta preoccupazione: si stima che anche negli States (oltre che in Italia, come abbiamo avuto modo di chiarire) divenga la forma prevalente di infezione da Covid entro la fine di marzo.