Se c’è una categoria di cittadini che ha maggiormente risentito del periodo di pandemia, in questo anno appena trascorso, si tratta senza dubbio degli anziani.
Oltre ad essere più attaccabili agli occhi del virus, e quindi maggiormente a rischio contagio, gli anziani sono stati costretti a comprendere norme di cui inizialmente non riuscivano a capacitarsi e a vivere distanti dagli affetti. Nipoti, figli, il calore della famiglia: tutto questo è venuto a mancare nei mesi scorsi, soprattutto per chi è ospite nelle Rsa (luogo per natura più predisposto a sviluppare focolai di contagio).
Le persone più avanti con l’età si sono ritrovate improvvisamente in debito d’amore. A venir meno, infatti, è stato l’affetto primigenio derivante dal proprio contesto, costringendoli ad un isolamento sociale – oltre che fisico – sempre più marcato. Banditi anche i luoghi di ritrovo tra pari, gli anziani hanno dovuto lottare contemporaneamente due battaglie: quella contro il Covid-19 e quella contro la solitudine.
Una nuova idea, però, sta portando conforto
soprattutto nelle case di riposo e cura di questa categoria di cittadini. Troppo spesso sottovalutato (ricordiamoli declassati a “non più indispensabili allo sforzo produttivo del Paese), il loro dolore si è trasformato in motore per costruire le “stanze degli abbracci” e far così ricongiungere parenti da troppo tempo lontani.Le stanze degli abbracci sono spazi interamente dedicati all’incontro con gli anziani. Si tratta di tende gonfiabili, isolate rispetto al resto, aventi pareti di plastica trasparenti che proteggono dal contagio ma al contempo consentono di vedere e abbracciare (attraverso due guanti collegati) il nonno, la nonna o l’anziano dall’altra parte.
Questa barriera trasparente, nata dall’idea degli operatore della Domenico Sartor – una Rsa di Castelfranco Veneto – ha consentito a moltissimi anziani di tornare a vedere e “toccare”, seppur con un filtro, i propri cari. Cosa che altrimenti sarebbe stata vietata dalle necessarie norme anti-Covid.