Riuscire sin da subito a capire quanto è contagioso un soggetto affetto da COVID-19 o, ancora capire se chi è malato di COVID-19 rischia di avere un decorso grave oppure no è davvero essenziale. Così, un nutrito team di ricercatori italiani ha lavorato identificando due spie molecolari che, con molta probabilità, potrebbero aprire finalmente le porta ad una diagnosi precoce della malattia provocata dal nuovo coronavirus SARS-CoV-2.
Le scoperte in questione, pubblicate sulle rivista Diagnostics e Scientific Reports riportano la firma di un grande team di ricercatori italiani. Nello specifico, gli studi sono il frutto delle ricerche condotte dalla Task Force COVID-19 del Ceinge-Biotecnologie avanzate di Napoli. Ad oggi, non è possibile ottenere una diagnosi precoce dell’infezione da SARS-CoV-2 e anche quando un test molecolare fornisce un risultato positivo, non è comunque possibile andare a delineare alcune caratteristiche. Caratteristiche che sarebbero particolarmente importanti dal punto di vista epidemiologico e che potrebbero rivelare se la persona infetta si è vaccinata e anche le strategie terapeutiche da mettere in atto.
La prima scoperta è firmata dal team di ricercatori italiani guidati da Ettore Capoluongo e Massimo Zollo. Essi hanno gettato le basi per lo sviluppo del primo kit utile per misurare la carica virale. Le spie molecolari della capacità di SARS-CoV-2 di moltiplicarsi sono le sgN e le sgE e questo kit sarebbe in grado di rilevarle. Il test è, al momento pronto e coperto da brevetto. La seconda scoperta, invece, è quella che consentirà di prevedere se la COVID-19 in un soggetto avrà un decorso grave e lo farà, analizzando un semplice campione di sangue nel quale andranno ricercate le ceramidi. Si tratta di una famiglia di molecole sfruttate dal virus per replicarsi.
La Task Force costituita dai ricercatori italiani ha finora fornito risultati eccellenti che potrebbero, finalmente, cambiare le carte in tavola per quanto riguarda la diagnosi, il trattamento e la profilassi verso la COVID-19.