All’interno del DNA umano potrebbero essersi conservati alcuni “fossili” molto particolari: resti genetici dei primi animali comparsi sul pianeta, multicellulari e dalle forme bizzarre vissuti oltre 500 milioni di anni fa e che popolavano i fondali oceanici.
Ad avanzare questa incredibile ipotesi è uno studio pubblicato sulla celebre rivista scientifica Proceedings of the Royal Society B. La ricerca in questione riporta la firma di un team di ricercatori del Museo di storia naturale di Washington e dell’Università della California a Riverside. Per giungere a tale conclusione, i ricercatori americani hanno concentrato la loro attenzione su quattro animali rappresentativi delle oltre 40 specie identificate tra quelle vissute nel periodo Ediacarano, tra 570 e 539 milioni di anni fa. Si tratta di animali grandi da pochi millimetri fino a qualche metro. Erano animali così strani e diversi che risulta molto difficile assegnarli alle moderne categorie degli esseri viventi solo in base all’aspetto e, per di più, non può essere estratto il loro DNA.
Però, dopo aver studiato i loro fossili gli scienziati hanno provato a capire come si muovevano, come si nutrivano e, più in generale, come vivevano sul fondale. Così i ricercatori hanno potuto desumere che si trattava di animali in grado di riparare le parti del loro corpo danneggiate, che possedevano una muscolatura e anche un sistema nervoso centralizzato. Probabilmente, nel loro DNA, erano già presenti le “istruzioni” genetiche per costruire la testa e gli organi si senso ma, ancora oggi, l’interazione tra i vari geni non era mai stata affinata.
Quest’analisi condotta dagli scienziati americani ha, però, dimostrato che i circuiti genetici di questi animali per le loro caratteristiche erano, probabilmente, già presenti nel DNA di alcuni di questi esseri viventi primordiali e potrebbero essere conservati loro resti fossili nell’attuale DNA umano.