Nelle ultime due settimane è scoppiato il caso AstraZeneca, su cui tutti i media si sono concentrati e cavalcando l’onda del consenso hanno scritto di tutto e di più. Anche contraddicendosi internamente.
La questione, in realtà, è molto diversa da com’è stata dipinta in questi giorni da parte di chi si occupa di comunicazione, in particolar modo di comunicare la scienza. La narrazione ha però condizionato l’opinione pubblica, che ora demonizza il vaccino della casa anglo-svedese per via delle elaborazioni tendenziose e delle mistificazioni che sono state operate sulla vicenda.
Di fatto, lo scorso giovedì 18 marzo la Commissione di Farmacovigilanza (PRAC) dell’EMA ha dichiarato in un comunicato ufficiale che “il vaccino è sicuro ed efficace. Non ci sono evidenze di un rischio generale di eventi tromboembolici”. L’embolia corrisponde ad una condizione patologica in cui un’arteria o una vena è ostruita da un trombo (condizione di trombosi), da bolle d’aria o altri gas. Per trombosi si intende la situazione in cui si crea un trombo (ossia un aggregato di piastrine, globuli rossi, globuli bianchi e fibrina) all’interno del circolo sanguigno e questo va ad ostruire vasi arteriosi o venosi.
E’ opportuno pertanto fare una ricapitolazione di quanto avvenuto, per offrire ai nostri lettori chiarezza sul caso AstraZeneca e permettere di farsi un’opinione basata sui fatti e sui dati, e non sulle percezioni soggettive.
Il caso AstraZeneca: da dove si è partiti?
Lo scorso 7 marzo, l’ente austriaco per la farmacovigilanza ha deciso di sospendere l’impiego del lotto ABV5300 del vaccino AstraZeneca. La scelta è stata presa dopo un caso di morte per trombosi multipla a 10 giorni dalla somministrazione del vaccino, uno di embolia e due di tromboembolie che invece non sono esitate nella morte dei pazienti, che sono in fase di ripresa. Per via precauzionale, l’Austria ha quindi sospeso la somministrazione per effettuare ulteriori accertamenti.
Lo stesso lotto, da 1 milione di dosi, era contestualmente stato distribuito in altri Paesi tra cui Danimarca, Norvegia e Islanda (tra questi Paesi, va precisato, non c’è l’Italia, che non ha ricevuto alcuna dose di questo lotto). La Danimarca ha deciso di sospendere la somministrazione di quel lotto in data 11 marzo, per poi ratificare la totale sospensione del vaccino AstraZeneca. A seguire si sono allineate alla decisione anche Norvegia e Islanda.
A fronte di questa situazione e delle possibili conseguenze sulle scelte degli altri Paesi europei, l’EMA ha preparato un comunicato in cui asseriva che sulla base dei dati pervenuti, il vaccino si dimostrava sicuro: il numero di casi di trombosi fino al 10 marzo era di 30 casi sul totale di diverse milioni di dosi già somministrate. A nulla è valsa, però, questa rassicurazione: la notizia era già arrivata ai media dei vari Paesi che hanno iniziato una vera e propria campagna diffamatoria contro questo vaccino (probabilmente perché le persone si erano assuefatte alle notizie catastrofiche e non stavano più leggendo gli articoli, generando minor ricchezza), senza peraltro riportare i dati correttamente, seminando il panico fra i cittadini.
La sospensione del vaccino AstraZeneca: una decisione politica
In Italia la vicenda ha assunto caratteri rocamboleschi quando la stampa italiana ha riportato una notizia riguardante la decisione di AIFA di sospendere la somministrazione del vaccino per qualche giorno. Notizia smentita appena qualche ora dopo dalla stessa Agenzia del Farmaco Italiana, che si basava sui dati ufficiali EMA e perciò non aveva motivo di ritenere il vaccino non sicuro, ma ormai l’effetto boomerang si era innescato: il 15 marzo, sotto le pressioni soprattutto del Ministero della Salute italiano (che ha priorità in queste decisioni), l’AIFA ha ratificato la sospensione del vaccino. Gli stessi dirigenti AIFA hanno avuto poi modo di dichiarare la propria perplessità per questa decisione e ribadire la sicurezza del vaccino.
Decisione, peraltro, a sua volta condizionata dalla posizione presa dalla Germania, che aveva sospeso la somministrazione di AstraZeneca il giorno precedente: in un pugno di ore Francia, Italia, Paesi Bassi, Portogallo e Spagna si sono accodate prendendo il medesimo provvedimento.
E’ giusto precisare che il principio di precauzione, impiegato dai vari Governi in questa circostanza, è uno strumento legittimo a disposizione laddove un Paese avanzi dubbi sulla sicurezza di un determinato prodotto. Ciò però va a sovrapporsi ad un continuo controllo, sia da parte delle case farmaceutiche che da parte degli enti che si occupano di farmacovigilanza, operato su ogni vaccino immesso in commercio. Oltre ai test e agli studi che precedono l’arrivo di un vaccino (e che riguardano un campione di popolazione di 10.000, 20.000 persone – quindi ridotto rispetto alla popolazione intera), anche i dati che emergono dopo la sua somministrazione vengono continuamente controllati e analizzati.
AstraZeneca: cosa dicono i dati?
Preso atto dell’effetto ormai concreto delle decisioni dei singoli Stati membri, l’EMA ha disposto di effettuare una revisione completa dei dati fino ad allora pervenuti: il risultato di questa review analitica sarebbe arrivato entro giovedì 18 marzo. Lo studio è stato ideato al fine di assicurarsi che non fosse sfuggito alcun dato significativo, per verificare se esistessero correlazioni tra la somministrazione del vaccino e gli eventi tromboembolici di cui si è così tanto parlato.
Ed è risultato che il numero di persone che avevano presentato queste patologie era del tutto sovrapponibile al numero di persone che ogni giorno le accusa nella popolazione non vaccinata.
Ora, per comprendere i dati in questione è necessario fare un passo indietro.
Rifacendoci ai dati dell’Associazione Italiana di Epidemiologia, ogni giorno in Italia circa 130 persone al giorno soffrono di trombosi venosa profonda (una condizione di trombosi che ostruisce le vene prevalentemente degli arti inferiori). Rapportandolo ad un mese, su 100.000 abitanti vi sono circa 6-8 casi al mese di TVP. Rapportiamo questo dato su 800.000 individui: facendo una rapida proporzione, emerge che normalmente su 800.000 individui si sarebbero dovuti verificare circa 48-64 casi di TVP al mese.
Perché è importante rapportare su 800.000 persone? Perché in questo momento, in Italia, questo è il numero di cittadini a cui è stato anche somministrato il vaccino AstraZeneca. Questo implica che già normalmente si sarebbero dovuti verificare tra i 48 e i 64 casi di TVP, indipendentemente dalla vaccinazione. Ciò dimostra che non vi sia correlazione di tipo causale tra l’aver ricevuto il vaccino e aver avuto problemi trombotici, ma solo di tipo temporale.
AstraZeneca, basterà davvero la sicurezza scientifica a tranquillizzare i cittadini?
Dimostrata la sicurezza e l’efficacia del vaccino, resta un problema di tranquillità della popolazione nel farselo somministrare. Sono in molti ad aver rifiutato in questi giorni la vaccinazione con AstraZeneca, adducendo motivazioni di vario genere, e sicuramente questo continuerà ad avvenire anche nei prossimi mesi perché i cittadini non sono più tranquilli riguardo l’affidabilità dello stesso, a causa del bombardamento mediatico cui sono stati esposti.