Da qualche mese, ormai, sentiamo spesso parlare delle varianti del SARS-CoV-2, il nuovo coronavirus responsabile dell’attuale pandemia da COVID-19. Si tratta di “versioni” nuove di questo patogeno createsi in seguito a mutazioni avvenute all’interno del suo genoma che, non dimentichiamolo, è a RNA e dunque facilmente mutevole. Il numero delle varianti finora individuate continua a crescere e, per tale ragione, alcuni scienziati hanno ben pensato di sviluppare una nuova metodologia di classificazione di queste forme nuove di SARS-CoV-2.
A presentare questa nuova metodologia è uno studio pubblicato sulle pagine della autorevole rivista scientifica Molecular Biology and Evolution. La ricerca in questione riporta la firma di un team di scienziati del Cnr-Ibiom di Bari in collaborazione con le Università di Bari e la Statale di Milano. Nello specifico, gli scienziati italiani hanno fatto ricorso alla piattaforma bioinformatica Elixir Italia la quale ha permesso loro di analizzare le sequenze di oltre 180.000 genomi virali isolati da diversi centri sparsi in tutto il mondo. Il tutto per poter poi caratterizzare le dinamiche evolutive di SARS-CoV-2.
La nuova metodologia sviluppata dai ricercatori italiani ha permesso di dimostrare che il tasso di mutazione del nuovo coronavirus è leggermente inferiore ad altri virus della stessa famiglia. Inoltre, questa nuova tecnica ha permesso anche di identificare le varianti genetiche di diversi sottotipi, ognuno dei quali sembra associato ad una certa prevalenza geografica. Per di più, l’analisi condotta con questo nuovo strumento ha confermato l’ipotesi secondo la quale la diffusione del virus avrebbe da pre-datare tra settembre e novembre del 2019.
Si tratta di una metodologia davvero incredibile ed innovativa poiché classificare, monitorare ed identificare le nuove varianti di SARS-CoV-2 è importante al fine di riuscire a contrastare la sua diffusione.