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Batteria che dura all’infinito: ecco la nuova scoperta

Sicuramente, sembra la trama di un film di fantascienza il fatto che siano stati presi dei rifiuti radioattivi, trasformati in piccoli diamanti e dopodiché è stata realizzata una batteria che potrebbe durare 28 mila anni, praticamente all’infinito. Pare invece che questi siano stati i piani della startup della California NDB, la quale sta creando questi dispositivi di accumulo circolare, ossia che si ricaricano costantemente per molto tempo.

Questa particolare tecnologia sarebbe possibile, e questo allo riutilizzo di scorie nucleari che, una volta purificate e plasmate in diamanti microscopici, sarebbero in grado di diventare dei semiconduttori veramente molto utili.

Il primissimo oggetto che si rifà a questo tipo è stato realizzato mediante un pezzo di grafite proveniente da un reattore nucleare, il quale grazie ai diamanti, che sono dei conduttori davvero eccezionali, hanno trascinato fuori la loro energia in modo che sia quasi inesauribile.

 

 

Batteria che dura all’infinito: il progetto della NDB è ambizioso, ma non c’è ancora nulla di concreto

Allo stato attuale, la startup non ha prodotto ancora nessun modello funzionante, ma da qua a 5 anni pare che ci siano tutte le carte in regola per rendere questo progetto reale. Molti, però, non si spiegano come queste batterie possano provenire da scorie radioattive e come non possa essere pericolosa come creazione. Inoltre, una batteria alimentata con i diamanti come fa ad essere facilmente acquistabile sul mercato?

L’azienda sembra avere tutte le risposte alle domande, e sul suo sito ha rilasciato alcune dichiarazioni: “Le pile DNV insieme alla sorgente sono rivestite con uno strato di diamante policristallino, che è noto per essere il materiale più termicamente conduttivo, ha anche la capacità di contenere la radiazione all’interno del dispositivo ed è il materiale più duro, 12 volte più resistente dell’acciaio inossidabile. Questo rende il nostro prodotto estremamente resistente e a prova di manomissione”.

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Pubblicato da
Christian Savino