Sin dall’inizio della pandemia da COVID-19 sono state numerose le ipotesi avanzate per cercare di spiegare perché alcune persone sono più suscettibili di altre a contrarre l’infezione da SARS-CoV-2 e a sviluppare una COVID-19 più o meno grave. In particolare, è stato ipotizzato che i gruppi sanguigni possano rappresentare un fattore di rischio per lo sviluppo di una COVID-19 caratterizzata da una maggiore gravità. La scienza, però, ha smentito questo collegamento grazie ad un nuovo studio pubblicato qualche giorno da un team di scienziati americani.
Lo studio in questione appare sulle pagine della celebre rivista scientifica JAMA Network Open e riporta la firma di un team di scienziati dell’Intermountain Medical Center Heart Institute di Salt Lake City. Per il loro lavoro, i ricercatori americani hanno analizzato i dati più di 107.000 persone testate per il coronavirus SARS-CoV-2 tra il 3 Marzo ed il 2 Novembre 2020 in alcuni istituti ospedalieri dello Utah, dell’Idaho e del Nevada. Dopo aver analizzato tutti i dati a loro disposizione, essi hanno concluso che i gruppi sanguigni non possono essere collegati ad una maggiore suscettibilità o gravità della malattia causata dal nuovo coronavirus.
I vari gruppi sanguigni analizzati, infatti, non erano in alcun modo collegabili ad una maggiore o minore positività virale o ad un maggiore o minore rischio di ricovero in terapia intensiva. Mentre alcuni studi in precedenza avevano postulato l’esistenza di questa correlazione, questo nuovo studio ritiene che queste associazioni siano altamente improbabili e non possono considerarsi fattori utili associati alla suscettibilità né a livello individuale né a livello di popolazione.