A rilevare ciò è stato Luigi Aurisicchio, amministratore delegato e direttore scientifico dell’azienda biotech Takis, mediante l’ipotesi presentata dal Financial Times, di presunti contatti fra il governo italiano e le aziende che producono vaccino anti Covid-19. La stessa Takis, la quale ha da poco incominciato la fase 1-2 della sperimentazione del suo vaccino anti Covid basato sul DNA, è insieme a Reithera una delle due giovanissime aziende italiane di Roma che lavorano al vaccino.
Takis sta lavorando ad un vaccino a DNA che ha come punto di partenza un frammento di DNA con una determinata sequenza genetica prodotta da batteri. Una volta che è stata resa pronta, questa sequenza viene usata come una specie di stampo per ottenere mRna che ha in sé le istruzioni per andare a produrre un frammento della proteina Spike
.Aurisicchio ha rilevato che “In Italia attualmente non esiste un impianto che produca Dna in larga scala e vorremo realizzarlo. È anche vero che, in caso di necessità, un impianto per il Dna potrebbe essere utilizzato anche per fare l’Rna con una aggiunta al processo: dopo l’uso di un bioreattore per la produzione del Dna che fa da stampo, la produzione dell’Rna richiede solo una reazione enzimatica in più. L’impianto avrebbe dei costi importanti e richiederebbe fra dieci mesi e un anno di lavoro”.
Reithera, invece, lavora su un vaccino basato sull’adenovirus che ha come punto di partenza cellule di mammifero infettate con un virus reso inoffensivo. Osserva Aurisicchio che “anche in questo caso la riconversione dell’impianto è possibile, anche se un po’ più complessa. Il vantaggio è che questa tecnologia utilizza già laboratori classificati con i requisiti di pulizia richiesti per i vaccini a mRna, ma richiede nuovi bioreattori per poter riconvertire il processo. Anche in questo caso i tempi necessari potrebbero essere compresi fra dieci mesi e un anno“.