Greenpeace e ReCommon hanno puntato il dito verso Intesa Sanpaolo definendola “banca nemica del clima numero 1 in Italia”, per poi “chiudere” simbolicamente 11 filiali. Successivamente hanno attaccato adesivi contro le politiche dell’istituto bancario, che investe in gas, petrolio e carbone. Per di più gli attivisti hanno deciso di posizionare davanti al quartier generale torinese della banca, una banconota ricoperta di petrolio. Ovviamente non potevano scegliere giorno migliore se non alla vigilia dell’Assemblea dei soci che, “si terrà anche quest’anno a porte chiuse, nonostante tanti altri attori finanziari europei abbiano garantito la possibilità di partecipazione da remoto”.
L’organizzazione spiega che nel 2020 il gruppo si è avvicinato al settore fossile per 5,4 miliardi (2,7 miliardi di euro di finanziamenti e 2,7 miliardi in investimenti). Gli impegni sul carbone sono “caratterizzati da un inaccettabile doppio standard tra paesi OCSE e quelli in via di sviluppo, nonché dal fatto di concedere prestiti a società che intendono costruire nuove centrali e carbone
” denunciano. Al contrario, non esistono limiti per quanto riguarda finanziamenti e investimenti nel comparto oil&gas “che contribuisce non solo all’aggravarsi della crisi climatica, ma anche alla devastazione di ecosistemi fragili come l’Artico e all’uso di tecniche, come il fracking, pericolose per l’ambiente e la vita delle persone” dichiarano Greenpeace e ReCommon.