Uno studio condotto dal gruppo di ricerca della Temple University di Philadelphia, guidato da Sudhir Kumar ha finalmente dato una delle risposte più attese in questa pandemia che ci sta così duramente flagellando, i ricercatori infatti, andando a ritroso nelle mutazioni che hanno coinvolto il Coronavirus, sono riusciti a capire qual è il progenitore da cui è partito tutto ricostruendone l’albero genealogico, rimane ancora un mistero invece l’animale che ha fatto da serbatoio.
I ricercatori hanno portato avanti lo studio attingendo ai dati messi a disposizione dalle varie analisi genetiche condotte durante tutto l’arco della pandemia e messe a disposizione nelle banche dati, dopo svariate analisi sono giunti alla conclusione che il progenitore comune più vicino da cui è partito tutto è il Pro-CoV-2, una sorta di madre dei coronavirus, che secondo i ricercatori circolava all’interno della popolazione mondiale già a partire dal 2019.
Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Molecular Biology and Evolution, esso ha evidenziato appunto come il Pro-CoV-2 sia l’antenato più recente, risultato ottenuto grazie a migliaia di analisi genetiche sui vari ceppi di coronavirus individuate finora.
La tecnica utilizzata è stata una metodica genetica usata solitamente nella ricerca sui tumori spiega il genetista Giuseppe Novelli, dell’Università di Roma Tor Vergata, essa si chiama analisi dell’ordine di mutazione e si basa sull’analisi dei ceppi mutanti, osservando la frequenza con cui le coppie di mutazioni appaiono insieme per trovare la radice del virus.
Il gruppo di ricerca ha notato come il virus abbia una frequenza di circa 2 mutazioni al mese, cosa che, confrontando i dati genetici tra il Pro-CoV-2 e il primo Sars-CoV-2 sequenziato a Wuhan, spiega come il virus possa effettivamente essere entrato in circolazione già da Ottobre 2019.