Il vaccino di Pfizer è stato sviluppato in un modo e la sperimentazione ha cercato di scoprire più informazioni possibili sul funzionamento. Uno degli aspetti che è stato individuato e tenuto come punto di riferimento è il fatto che le due dosi devono essere somministrate con una distanza di 3 settimane. Apparentemente si può fare di più.
Il paese apripista in tal senso è il Regno Unito. Nel puntare al massimo sulle prime dosi, anche a causa degli altissimi contagi dovuti alla variante inglese, hanno deciso di rimandare l’inoculazione della seconda dose. Ci si è spinti fino a 12 settimane, quattro volte il tempo pensato inizialmente. Lo hanno fatto sia per AstraZeneca che per Pfizer.
Ovviamente poi i dati sono stati presi come esempio e molto studi hanno cercato di capire cosa sia successo all’interno degli organismi dei vaccinati. Secondo uno studio condotto dall’Università di Birmingham in collaborazione con il Public Health England, è stata una strategia vincente.
Pfizer: perché rimandare la seconda dose
Nelle persone che avevano ricevuto la seconda dose di Pfizer dopo 12 settimane ci sono più anticorpi rispetto a quelli che l’hanno ricevuta dopo solo 3. A livello generale la protezione risulta la stessa, ci tengono a fare sapere gli autori, ma potrebbe durare più nel tempo questa strategia; per avere la certezza si può solo aspettare.
Le parole dell’autore principale, la dott.ssa Helen Parry: “Abbiamo dimostrato che i picchi di risposta anticorpale dopo la seconda vaccinazione Pfizer sono davvero fortemente aumentati nelle persone anziane quando questo viene ritardato da 11 a 12 settimane. C’è una marcata differenza tra questi due programmi in termini di risposte anticorpali che vediamo.”
Nello specifico, lo studio si è basato sui dati raccolti dai campioni di sangue di 175 ultraottantenni. Di questi, 99 avevano ricevuto la prima dose dopo 3 settimane mentre altri 73 dopo 12 settimane. Il livello di anticorpi nel secondo gruppo era quasi quattro volte più alto.