Finalmente, dopo ben quattro anni di attesa Resident Evil Village è giunto sul mercato, grazie agli sforzi di Capcom, che è riuscita a creare un prodotto di pregio sotto diversi aspetti. Erano tantissimi i giocatori che non vedevano l’ora di giocare un nuovo capitolo di uno dei franchise horror più famosi di sempre. E a ben vedere dalle reazioni del web e sui social, forse questo è l’aspetto che più manca in questo titolo, che cerca di portare avanti la tradizione Resident Evil e al tempo stesso di rinnovarsi fin nelle viscere più profonde.
E proprio su questo voglio focalizzare l’attenzione: la voglia di rinnovamento di Capcom ha portato alla creazione di un prodotto “nuovo” per quello che ci si potrebbe aspettare da un gioco come Resident Evil, ma che scava in tantissimi altri generi, con citazioni più e meno ostentate. Si tratta di un restyling grafico e strutturale non da poco, che strizza l’occhio al capitolo precedente della serie, Resident Evil 7: Biohazard, come vero e proprio sequel della storia.
Sia chiaro, in questo recensione eviterò di fare spoiler per rispetto verso chi ancora non ha avuto modo di giocarlo. Tuttavia un elemento in particolare emerge dopo aver finito la propria avventura: il legame con il capitolo precedente è forse più forte di quello che avremmo voluto vedere sullo schermo. Un legame che non emerge tanto nelle fasi iniziali della storia, ma soprattutto nelle fasi finali, in cui le citazioni e le risposte rimandano chiaramente e direttamente al capitolo precedente. Rimane in ogni caso un titolo giocabile perfettamente anche senza conoscere i capitoli precedenti, ma man mano che si avanza ci si accorge che sono più gli elementi che ci si perde durante la strada che altro. Molti personaggi vengono dati per scontati, a vantaggio dei più appassionati ed esperti, ma lasciando indietro chi invece è nuovo in questo campo. Ma veniamo all’elemento più importante di tutti: l’Horror. La domanda a cui tutti desiderano avere una risposta è: questo nuovo capitolo fa paura? Quanta paura fa? Per rispondere sinceramente di paura ne fa ben poca e a dimostrazione di questo basta dare un’occhiata online su forum e social per accorgersi che la maggior parte dei personaggi hanno dato adito a siparietti comici o ad allusioni più o meno sessuali, come nel caso della bella, in tutti i sensi, famiglia Dimitrescu. Le quattro protagoniste della prima fase del gioco non sono le sole ad essere caratterizzate da una bellezza forse esagerata e da attributi fisici che ci hanno portato una delle mod più divertenti di quest’anno, con Ethan che insegue Lady Dimitrescu per sculacciarla con un paletta schiaccia-insetti. Ma questo aspetto si ripercuote lungo tutta l’esperienza, con la vena horror che si perde dal momento in cui ci accorgiamo che tutte le protagoniste sono arrivate direttamente sul luogo dopo una sfilata di Victoria’s Secret. Una bellezza eterea e sovrannaturale che ben si adatta ad alcuni personaggi e meno ad altri, non entro maggiormente nei dettagli per evitare spoiler, ma che distoglie l’attenzione da quello che dovrebbe essere lo scopo principale di Resident Evil: FARE PAURA.
Senza dubbio la visuale in prima persona giova all’esperienza in generale, e Capcom ne ha fatto tesoro dopo il settimo capitolo della saga, ma la sensazione di terrore che va oltre il jump scare occasionale si riesce a percepire in pochi momenti, e uno di questi e proprio la seconda fase di gioco, nella residenza Beneviento. A dimostrarsi che il classico delle bambole terrificanti funziona sempre, grazie anche a degli ambienti claustrofobici e un uso delle luci a dir poco eccezionale. Il valore aggiunto di Resident Evil Village e allo stesso tempo la sua condanna per la vena horror è il suo semi-open world che, aprendo gli spazi e creando delle ambientazioni poco funzionali alla saga, riesce a smorzare un po’ l’effetto horror che in tanti cercano. Certamente il fatto di avere una mappa molto estesa come questa dona al titolo tanti aspetti in più da tenere in considerazione, sia a livello tecnico che di giocabilità, ma questo lo affronteremo più in là.
Inoltre, il fatto di aver svelato i quattro boss del titolo nelle fasi iniziali del capitolo ha tolto quell’effetto di scoperta fondamentale per aumentare l’effetto sorpresa e l’ansia con l’avanzare in un territorio. Tuttavia, l’azione si svolge su dei binari molto rigidi in cui il giocatore è guidato fin nei minimi particolari dell’azione. Le possibilità di esplorazione sono limitate al solo villaggio e, ad esempio il castello Dimitrescu non sarà più esplorabile una volta conclusa l’avventura con la boss fight finale.
C’è da dire però che la varietà di personaggi con cui ogni volta questo titolo stupisce il giocatore è enorme: a partire dai Lycan, che saranno per tutta l’avventura i mutanti standard in tutte le sezioni della mappa, si alternano anche nemici corazzati, creature volanti, semi-boss, boss finali e molto altro. Una varietà che giova ai fini del gameplay e che trova ampio apprezzamento da parte del giocatore più avvezzo al genere. In questo caso Capcom ha puntato su tanti e diversi nemici, piuttosto che su pochi e mirati. Una scelta che paga in questo contesto e che abbiamo apprezzato molto.
Dove Capcom migliora e spinge verso un rinnovamento effettivo della serie è sul fronte della gestione di gioco. Resident Evil Village si tramuta a pieno titolo in un gioco altamente gestionale, in cui dovrete raccogliere oggetti per crearne altri, come pozioni, munizioni o armi, e in cui la gestione dell’inventario, legata alla ormai famosa logica del Tetris, che diventa un po’ antipatica quando si arriva nel pieno dell’azione e ad ogni oggetto dovremo liberare l’inventario pieno. Se, come abbiamo visto nel precedente paragrafo, la vena horror del titolo ne è uscita piuttosto malconcia, a guadagnarne è invece l’aspetto survival horror e action, che diventa prepotentemente protagonista del titolo. Vi troverete spesso a dover affrontare vere e proprie ondate di nemici, lanciate in maniera meccanica e prevedibile, in perfetto stile Doom. Movimento e munizioni diventeranno il vostro chiodo fisso, ma soprattutto fin da subito capirete l’importanza di ogni arma nel contesto di combattimento.
Sono proprio le armi il vero salto di qualità rispetto ai capitoli del passato che hanno reso famoso il Resident Evil nel mondo e soprattutto nei confronti dei limiti tecnici e di gameplay del settimo capitolo. Village mette in mostra un miglioramento esponenziale rispetto a Biohazard proprio sotto questo aspetto. La gestione e la varietà delle armi è ottima, sia a livello di possibilità di modifica che poi, come dicevamo, di usabilità a seconda del nemico. Anche il più piccolo errore nella gestione di un nemico porterà alla vostra dipartita con il nemico successivo. Tuttavia, è pur vero che anche a difficoltà Normale
, la più alta selezionabile a inizio gioco (successivamente sbloccherete una modalità più difficile a fine gioco), sarà difficile morire per mano del nemico e i pochi casi in cui è successo è stato dovuto ad una chiarezza limitata dell’azione e della modalità di interazione con il nemico. Infatti, non tutti i nemici andranno affrontati direttamente e non tutti possono essere uccisi lungo il nostro percorso e in un dato momento. Questo aspetto risulta poco chiaro e porta ad uno spreco di munizioni incredibile, anche perché i nemici non sono dotati di barre della vita o comunque non forniscono grandi indicazioni sulle proprio condizioni fisiche, costringendoci ancora a sprecare munizioni. Anche la barra della vita di Ethan non è molto chiara: ci sono stati frangenti in cui pensavo ormai di essere arrivato al capolinea e invece ho potuto subire ancora innumerevoli danni e altri momenti in cui sono bastati pochi colpi per stramazzare a terra in una pozza di sangue. A fronte di una gestione ottima delle armi, il sistema di difesa di Ethan non è stato all’altezza della situazione. A seconda del nemico potrete parare un attacco super potente con un coltello, oppure subire un morso senza poter fare nulla. Sembra quasi che il binario su cui corre la storia influenzi anche questo aspetto del gioco, rendendo più facili o difficile le cose a seconda della situazione.
Dove Resident Evil Village dimostra di essere un titolo next-gen a tutti gli effetti è sotto l’aspetto tecnico e grafico. Non solo l’implementazione del Ray Tracing dona al gioco un’illuminazione da 10 e lode, ma anche la cura delle ambientazioni lascia spesso a bocca aperta. Questo succede in particolare con le ambientazioni interne, come ad esempio il castello Dimitrescu, la fabbrica o anche la residenza Beneviento. Texture, illuminazione e atmosfera la fanno da padrone con tanti elementi grafici in grado di donare un velo realistico alla scena. Dove però questo effetto si va un po’ a perdere è all’esterno, con una cura meno spiccata, anche se altrettanto valida. D’altronde non è da molto che Resident Evil si avventura in maniera così spudorata in un mondo all’aperto, rendendo il proprio cavallo di battaglia le ambientazioni claustrofobiche al chiuso.
Anche l’aspetto sonoro ha dimostrato una cura eccellente della spazialità del Dolby, con degli effetti semplice ma efficaci e che forse, più di tanti altri aspetti, contribuiscono ha suscitare un po’ di paura nel giocatore.
Tutto lo sforzo grafico di Capcom si nota eccome, per un piacere grafico che esula dalla trama, ma che trova qualche piccolo difetto in alcune texture, visivamente raffazzonate accanto ad altri elementi fin troppo curati. Ma soprattutto i problemi arrivano con i bug del gioco. Fortunatamente non ho incontrato crash durante le fasi di gioco come tanti utenti lamentano, o addirittura bug che costringono a interrompere il gioco e riavviarlo. Quello che ho potuto sperimentare di persona sono dei notevoli cali di framerate dagli 80-90 fps con cui ho giocato Village a 15-20 fps, in particolare durante una boss fight e nella zona del cimitero fuori dal castello. Dei cali che in alcuni casi si risolvono allontanandosi dalla zona o semplicemente ricaricando l’ultimo salvataggio disponibile.
La virata Survival con il sacrificio della vena horror più importante non è stata la scelta più saggia, ma senza dubbio commercialmente si è assicurata un pubblico di utenti e giocatori molto più ampio e variegato rispetto al passato. Inoltre, il sistema di combattimento, a fronte di un netto miglioramento della varietà e della gestione delle armi non risulta sempre chiaro per il giocatore, che si ritrova a consumare tutte le proprie munizioni su un nemico che non muore mai.
Infine, una parola dobbiamo spenderla ancora sulla trama. Complessivamente siamo soddisfatti del lavoro realizzato da Capcom, ma tanti degli aspetti assurdi e trash si potevano tranquillamente evitare, fornendo un’esperienza più seria, e di conseguenza più spaventosa, invece di strappare un sorriso annoiato e a tratti esasperato. Sto parlando della mano riattaccata con la pozione medica o del trattore in stile Fast And Furious: chi ha già giocato sa, chi non ha giocato lo scoprirà e capirà di cosa sto parlando.
Con la mia configurazione (di tutto rispetto, soprattutto ai tempi d’oggi, e che vanta dei buoni risultati nella fascia media del gaming) composta da Ryzen 5 3600X, RTX3060Ti e 16gb di ram, sono riuscito ad ottenere un framerate sempre superiore ai 60FPS, più vicino ai 90 FPS a seconda della situazione. Le impostazioni grafiche alte e il Ray Tracing a livello medio attivo non hanno influito più di tanto, soprattutto prendendo in considerazione il già citato comparto tecnico e grafico, di ottimo livello e abbastanza pesante da far girare.
Laddove Resident Evil Village non ci ha particolarmente entusiasmato e sotto l’aspetto della durata. Certo, mantiene solidi gli standard del capitolo precedente, con il quale stavamo intorno alle 10 ore: in questo caso le ore di gioco effettive che sono servite a concludere l’avventura sono state circa 13. Tutto questo tenendo in considerazione un’esplorazione minuziosa dei vari ambienti, il recupero di tutti i tesori della mappa e molto altro. Probabilmente procedendo dritti come un treno per la storia principale 3 o 4 ore di gioco si possono risparmiare. E considerando il prezzo di lancio di 59,90€ per un titolo di questa portata rimaniamo da una parte colpiti e dall’altra un po’ interdetti. Se la durata fosse stata estesa a circa 15 ore, e a fronte del comparto tecnico ottimo, il prezzo sarebbe stato più che giustificato, ma in questo caso forse si trova più verso il troppo, che verso il giusto. Tuttavia il nome in questo caso garantisce un sinonimo di qualità e la possibilità di mantenere un prezzo ragionevolmente più alto del dovuto, d’altronde stiamo parlando di Resident Evil, giusto?
Questo nuovo capitolo di Resident Evil è dedicato essenzialmente a chi ama i Survival Horror a tema Action e Sparatutto, con Arene, Boss Fight e una varietà enorme di personaggi. Se invece siete amanti dell’horror più puro, come può essere Silent Hill o Outlast, allora potreste rimanere delusi dall’aspetto soft in questo campo. Rimane comunque un titolo di alto livello, che fa leva su aspetti nuovi e inediti, migliorando notevolmente rispetto al passato e fornendo un’esperienza completa di Ray Tracing che in tanti apprezzeranno sicuramente.