L’accaduto, avvenuto a Milano anni fa, riguarda una 25enne accusata di atti persecutori e violenza privata aggravati, per essersi spacciata per “curatore” nell’ambito della cosiddetta “Blue Whale Challenge”. La vittima (minorenne) si sarebbe incisa svariati tagli sul corpo per poi inviarle le foto come prima delle tante prove scritte.
Ebbene, dopo 2 anni di processo in seguito all’avvio dell’indagine coordinata dal pm di Milano Cristian Barilli, la verità è venuta a galla. A smascherare l’arcano fu anche una giornalista che, fingendo di essere una minorenne disposta ad accettare la sfida, aveva messo in piedi un profilo sui social.
Blue Whale Challenge: i provvedimenti a distanza di anni
Sebbene possa sembrare paradossale, fu proprio il vociferare sulla Blue Whale Challenge, ad emulare la questione. Nel giro di pochi giorni infatti, le voci frutto di un caso mediatico avevano reso il tutto concreto.
Ad oggi la verità è emersa. Stando a quanto detto dagli inquirenti e dagli investigatori della Polizia Postale, tra il maggio e il giugno del 2017, la 25 enne con l’aiuto di un complice russo allora di 16 anni, avrebbe scritto alla vittima tramite social come Instagram e Facebook spacciandosi per “curatorlady”, nonché un curatore della challenge.
La donna faceva credere di aiutare i più ingenui ad uscire dalla trappola mortale chiedendo loro delle prove ai limiti del normale. “Se sei pronta a diventare una balena – diceva la donna all’adolescente siciliana – inciditi ‘yes’ sulla gamba, se non lo sei tagliati molte volte per autopunirti”. Come se non bastasse, la 25enne minacciava la vittima dicendo di poter “raggiungerla e di ucciderla qualora avesse interrotto la partecipazione alla ‘Blue Whale Challenge”.