Lo smart working è diventato, per alcune realtà territoriali e lavorative, l’unico modo per interfacciarsi al mondo del lavoro. La distanza fisica dal grande pubblico ha incentivato il contenimento dell’allerta Covid per una realtà di fatto che funziona alla grande. Ad ogni modo alcuni istituti di ricerca hanno spianato anche la strada allo spionaggio online aprendo il focus su una situazione che sta facendo particolarmente discutere. Ecco che cosa è stato scoperto di recente.
Spionaggio da smart working
Non sono ancora chiare le dinamiche di interfaccia tra datore di lavoro e dipendenti dopo l’applicazione del nuovo regime universale di impiego che passa necessariamente per monitor, mouse e tastiera. Un aspetto particolarmente dibattuto è sicuramente quello della fiducia per un sistema che secondo i capi non incentiva l’autodisciplina dei dipendenti abituati ora alla propria zona di comfort.
Semrush ha voluto indagare a proposito rivelando un incremento delle ricerche con keyword “monitoraggio del lavoro da casa” pari al 3200% nel solo primo trimestre del 2020. I dati aggiornati a Dicembre 2020 avevano assestato un incredibile +1500%, il che lascia pensare che l’attenzione dei datori di lavoro si è fortemente spostata sui metodi di supervisione dei propri lavoratori online. Una conferma che giunge parallelamente anche da Market Research Future, secondo cui il settore del monitoraggio dei dipendenti a casa potrebbe raggiungere presto una quota di mercato pari a 3,84 miliardi di dollari.
Sulla base di questi sconcertanti dati il suggerimento di Semrush alle aziende è quello di ribaltare il concetto di sorveglianza da tutti considerato altamente negativo con quello di “variazione”, da applicare ai modelli operativi ed al monitoraggio per il raggiungimento dei risultati sperati.