I buchi neri da sempre sono uno dei misteri dell’universo che più affascinano l’uomo, forse uno in particolare su tutti, Stephen Hawking, il fisico che ha dedicato la sua vita allo studio dell’astrofisica e dei processi che regolano l’universo osservabile intorno a noi, le sue teorie tutt’ora sorprendono i grandi della scienza, dal momento che a distanza di anni si rivelano sensate e verificate.
A quanto pare il noto astrofisica aveva ancora una volta ragione, un gruppo di 5 fisici ha infatti confermato, grazie all’aiuto delle onde gravitazionali, una delle sue più celebri teorie sui buchi neri, si tratta per l’appunto del teorema dell’area di Hawking, formulato ben cinquant’anni fa, nel 1971, esso attesta che l’area del cosiddetto orizzonte degli eventi, ovvero il limite teorico oltre il quale nulla, nemmeno la luce, riesce a sfuggire alla gravità di un buco nero, può solo ingrandirsi.
Stando a quanto attestato dalla formulazione di Hawking, l’area dell’orizzonte degli eventi di un buco nero è proporzionale alla sua massa, una teoria che effettivamente funzionava matematicamente ma che fino ad ora non era mai stata osservata in natura, fino all’avvento delle onde gravitazionali nel 2015, quando i ricercatori osservarono la natura ondulatoria della forza di gravità nell’effetto sullo spazio tempo e Hawking ne approfittò proprio per chiedere se fosse possibile confermare la sua teoria, ricevendo risposta negativa in quanto ancora non si era in grado di analizzare bene le informazioni all’interno del segnale.
Ora però le cose sono cambiate, i ricercatori sono riusciti ad analizzare il segnale arrivato dai due buchi neri la cui fusione venne osservata nel 2015, sia nell’istante in cui essi spiraleggiavano sia dopo la fusione, effettivamente hanno riscontrato un aumento dell’area dell’orizzonte degli eventi arrivato a 367mila chilometri quadrati.