Indossereste dei vestiti fatti di fibre muscolari ? È questa la domanda con cui hanno esordito i ricercatori della McKelvey School of Engineering della Washington University di St. Louis per presentare il loro nuovo elaborato pubblicato nelle scorse ore su Nature Communications, “Le usereste per allacciarvi le scarpe, come cintura o come camicia ? Sembra un po’ strano ma se sono in grado di sopportare tensioni maggiori di cotone, seta, nylon o persino Kevlar, allora perché no?”
Microbi ingegnerizzati per il nuovo tessuto
Per produrre queste nuove fibre non sono stati sfruttati animali, bensì della chimica anabolica, la quale si è tradotta in batteri ingegnerizzati (Escherichia Coli), i quali sono stati modificati per produrre una fibra muscolare ad alto peso molecolare, la Titina, trasformata poi in fibre.
Il professor Fuzhong Zhang ha sottolineato come “La sua produzione può essere conveniente e scalabile e potrebbe consentire molte applicazioni a cui le persone avevano già pensato in precedenza, utilizzando però fibre muscolari naturali”.
I ricercatori da tempo cercavano un polimero in grado di offrire delle funzionalità e delle caratteristiche simile ai muscoli umani, soprattutto nel campo della robotica soffice, prima ci si concentrava su polimeri nati dal petrolio, un elemento che però poco si sposa con la sostenibilità, ecco dunque perchè si è poi pensato alla Titina, una delle principali componenti del tessuto muscolare umano insieme all’Actina e alla Miosina, essa è la proteina più grande conosciuta in natura e offre le caratteristiche cercate.
Per crearla i ricercatori hanno ingegnerizzato i batteri normalmente non in grado di creare delle proteine così enormi, hanno dunque perciò deciso di istruirli a creare dei piccoli domini da assemblare poi in secondo luogo nella proteina completa dal peso di 2 Megadalton, dopodiché attraverso un processo di filatura a umido hanno convertito le proteine in fibre con un diametro di circa 10 micron, un decimo dello spessore di un capello umano.
Oltre ai possibili impeghi commerciali nel campo della moda, i ricercatori hanno pensato ai possibili impieghi più particolari, secondo loro si potrebbe trattare di un nuovo materiale biomedico utilizzabile dunque per suture, ingegneria tissutale e così via.