La grande sfida della nostra epoca è senza ombra di dubbio la questione energetica, il nostro pianta ha bisogno di energia in quantità e a buon mercato, solo che non si può più continuare a immettere nell’ambiente residui serra a seguito della combustione di materiale fossile, ecco dunque perchè l’ingegneria e la fisica si stanno concentrando nella ricerca di una soluzione, la quale per molti se non per tutti, risiede nel nucleare, la fusione è infatti considerata la fonte di energia del futuro.
La fusione nucleare per chi non lo sapesse è la reazione nucleare che avviene sul Sole, essa porta alla fusione di atomi leggeri di Idrogeno in uno più pesante di Elio, con una conseguente produzione mostruosa di energia senza però il rilascio di scorie.
Sul nostro pianeta si sta cercando di riprodurre tale reazione in modo controllato, il vero scoglio consiste però nella gestione delle temperature, che farebbero evaporare sostanzialmente qualunque materiale in caso di diretto contatto con il plasma, e nell’ottenere una rese energetica positiva, ovvero produrre più energia di quanta se ne consuma per avviare la reazione.
Dal MIT dei nuovi super magneti
La reazione consiste nel mettere gli elementi reagenti nelle giuste condizioni per far avvenire la fusione dei nuclei atomici, ciò si traduce nella produzione di un plasma a temperature e pressioni elevatissime, nell’ordine dei milioni di gradi, basti pensare allo Stellarator tedesco che ha raggiunto una temperatura doppia a quella del nucleo del sole.
Per fare ciò è pero necessario creare un campo di contenimento in grado di tener il plasma di reazione lontano dalle pareti del reattore che altrimenti si scioglierebbero all’istante, per farlo il concetto progettuale prevede dei campi magnetici molto potenti posizionati intorno alla camera di reazione a creare una struttura a ciambella, il cui campo magnetico potrebbe contenere il plasma in quanto quest’ultimo è formato da particelle cariche dunque che risentono della forza magnetica.
Per arrivare a questo traguardo il concetto di partenza era quello di non adoperare i classici elettromagneti, bensì dei magneti super conduttori, i quali raffreddati quasi allo 0K, mostrano l’attività magnetica richiesta.
Dal MIT però sono stati recentemente sperimentati con successo dei nuovi magneti superconduttori caldi, i quali offrono le stesse prestazioni, in una struttura ridotta, che offrirebbero i classici magneti in una struttura di dimensioni 40 volte superiori.
Il prodotto finale sostanzialmente è un magnete composto da 267Km di nastro piatto superconduttore che forma 16 piastre impilate all’interno di un involucro a forma di D, il quale, insieme ad altri 17 strutture identiche, andrà poi a comporre la struttura di contenimento detta Tomakak, adatta a contenere in modo stabile anche una plasma a temperature nell’ordine dei 100 milioni di gradi.