Doveva essere una delle tante serie tv in lista su Netflix, e invece a causa dei social network è diventato un vero e proprio fenomeno diffuso tra gli adolescenti del mondo (e non solo). Squid Game è la protagonista sudcoreana del momento ed è costituita da nove episodi. Al centro della storia vi è un gruppo di persone con difficoltà finanziarie disposte a rischiare la vita in un gioco di sopravvivenza, pur di vincere la cifra in palio di 45600000000 ₩, nonché circa 33 milioni di euro. Tutto molto interessante, se non fosse per la violenza presente nelle scene che sta addirittura ispirando gli adolescenti nella vita reale.
Squid Game: una serie tv “pericolosa”, lo dicono gli esperti
In una delle famose scene di Squid Game, ce n’è una in particolare che vede al centro un uomo impegnato in uno dei tanti giochi pericolosi. Egli vince dei soldi se è in grado di girare un cartoncino a terra colpendolo con un altro. Nel caso non riuscisse, però, riceverà uno schiaffo. Ebbene, in una scuola media di Torino ci si sta divertendo allo stesso modo: se astucci e righelli non vengono capovolti, volano sberle.
A tal proposito la madre di uno studente, ha informato la Fondazione Carolina, attiva contro il cyberbullismo e i rischi che i ragazzi corrono a causa di tv e internet. Questa ha lanciato una petizione indirizzata all’AGCOM e al Garante dell’infanzia e dell’adolescenza: “Bloccate Squid Game. Occorre un’azione concreta e l’unica soluzione possibile sembra la censura vecchio stampo. Qualcuno storcerà il naso, ma oramai sembra l’unico strumento possibile a difesa del principio di incolumità dei minori”.
Come spiega la professoressa Anna Oliverio Ferraris, ordinario di Psicologia dello sviluppo dell’università La Sapienza di Roma: “i bambini imparano molto per imitazione e i personaggi che vincono, che hanno un potere sugli altri, attirano molto la loro attenzione, perché essi si percepiscono in una posizione di inferiorità rispetto agli adulti. Se poi i personaggi ‘forti’ vengono proposti in un videogioco dagli stessi adulti, si sentono incoraggiati a imitarne i comportamenti”.