Da sempre i corpi celesti più affascinanti che solcano i cieli che compongono lo spazio intorno a noi sono i buchi neri, i corpi dalla massa incommensurabile infatti, nascondono oltre l’orizzonte degli eventi che li circonda, ancora numerosissimi segreti che per l’uomo sono al momento inesplorabili, merito ovviamente della forza di gravità mostruosa che non consente a nulla di venire fuori, nemmeno alla luce, motivo per cui i buchi neri appaiono appunto neri, obbligandoci a osservarli in modo indiretto attraverso la deformazione della luce circostante.
Tuttavia esistono alcune teorie secondo le quali la collisione tra due di questi giganti neri, potrebbe portare al rilascio di segnali luminosi, consentendo dunque alla materia che li circonda di brillare, tali segnali però finora non erano mai stati captati, solo che a quanto pare le cose stanno per cambiare.
La prima rilevazione
Attualmente per rilevare la collisione tra un buco nero e un suo simile o una stella di neutroni, il metodo adoperato era quello di individuare le onde gravitazionali generate, teorizzate a suo tempo già dalla teoria della relatività generale di Einstein e dimostrate solo nel 2015 nella scoperta da premio Nobel.
La recente scoperta parte proprio da una di quelle onde dal nome GW190521, gli scienziati hanno infatti studiato la Zwicky’s Transient Facility corrispondente per individuare il segnale luminoso.
When black holes collide, they could cause nearby material to radiate with light. A 2020 study made the first-ever observation of a flare that may have been produced when two smaller black holes merged to form a new, larger black hole: https://t.co/ign9NtsXc2#BlackHoleFriday pic.twitter.com/lRmUEe4bBB
— NASA (@NASA) November 26, 2021
I ricercatori della NASA hanno affermato di aver rivelato la possibile emissione di luce per puro caso, nel mentre che studiavano la cosiddetta corona, ovvero uno strato di materia che prima di cadere nel buco nero emette una radiazione nello spettro dei Raggi X.