Lo strumento SHERLOC (Scanning Habitable Environments with Raman & Luminescence for Organics & Chemicals) del rover ha rilevato che il materiale organico non è solo all’interno della roccia, ma anche nella polvere di altre rocce contigue. Tuttavia, questo non implica necessariamente che ci sia stata alcuna forma di vita su Marte. Infatti, esistono meccanismi sia biologici che non biologici che potrebbero essere responsabili della presenza del materiale organico trovato.
“Ciò che SHERLOC dimostra è più che altro la sua capacità di mappare la distribuzione delle sostanze organiche all’interno delle rocce. Inoltre, la capacità di mettere in relazione queste sostanze organiche con i minerali trovati. Questo ci aiuta a capire l’ambiente in cui si sono formate le sostanze organiche. Sono necessarie ulteriori analisi per determinare il processo di produzione di questi materiali”. Non sarà possibile senza analizzare i campioni sulla Terra. Gli scienziati saranno in grado di esaminare adeguatamente le sostanze in questione.
Il rover ha 43 provette per ogni campione, sei delle quali sono sigillate. Quattro di loro contengono i nuclei della roccia. Uno contiene un campione dell’atmosfera marziana e l’ultimo contiene materiale “testimone” per verificare eventuali contaminazioni tra i materiali. Il rover della Nasa ha sostanzialmente scoperto che la roccia è formata da magma incandescente, alterato dall’acqua in diverse occasioni. Questo darà ai geologi le conoscenze necessarie per comprendere le origini del pianeta.
Più la Nasa e le altre agenzie spaziali riusciranno a capire quanto l’acqua fosse comune sulla superficie di Marte, tanto più efficienti saranno nella ricerca di vita aliena. “Cominciavo a pensare che non avremmo mai trovato una risposta”, spiega lo scienziato del progetto Perseverance, Ken Farley – del Caltech di Pasadena. “Lo strumento che prende il nome di PIXL [Planetary Instrument for X-ray Lithochemistry] ha analizzato la zona abrasa della roccia soprannominata ‘South Séítah’ e tutto è diventato chiaro”.