Icarus è ormai stato lanciato da diverso tempo e, complici i regali di Natale e le feste appena passate, lo abbiamo provato solo una ventina di ore. Ore che ci hanno permesso di familiarizzare con le sue meccaniche, con il mondo creato dai suoi sviluppatori (RocketWerkz) e con un’enorme vastità di utensili, armi, accessori e situazioni che vanno ben oltre quello che ci aspettavamo. Sia chiaro, se non siete amanti del genere survival difficilmente potrà piacervi Icarus, ma se siete passati per i più famosi titoli di questo genere, come ad esempio l’iconico The Forest, Green Hell, The Long Dark, The Rust e via dicendo, allora Icarus ha senza dubbio una speranza nel riuscire a conquistarvi.
La nostra missione sarà quella di esplorare e portare a termine diversi compiti su un pianeta alieno, decisamente simile alla Terra, con un timer impostato e diverse ore a disposizione. Le prime missioni saranno estremamente semplici e potranno essere concluse in poche decine di minuti, ma più si va avanti e più diventano impegnative, anche se in nessun caso abbiamo sentito la pressione del timer metterci alle strette durante il gameplay. Quello che risalta immediatamente ai nostri occhi è un titolo strutturato profondamente sull’aspetto survival, con una chiara suddivisione in livelli, abilità single e multi-player, e letteralmente centinaia e centinaia di oggetti da sbloccare e creare nelle nostre missioni.
I miei complimenti vanno al team che si è occupato di realizzare, catalogare e inventare questi oggetti survival, che ci hanno permesso di immergerci alla perfezione nelle varie missioni portate a termine. Le possibilità di scelta sono davvero illimitate e potremo scegliere se specializzarci sull’aspetto dell’esplorazione, del combattimento o anche della sopravvivenza: un aspetto da non sottovalutare nella caratterizzazione del personaggio e nella personalizzazione delle proprie strategie di sopravvivenza e modalità di gioco, che plasma a nostra immagine e somiglianza il titolo stesso.
A differenza di altri titoli del settore, nei quali l’aspetto del crafting era molto più abbozzato e meno simulativo, Icarus ci propone infinite combinazioni, potenziamenti, evoluzioni di oggetti e armi, che ci consentono di affrontare progressivamente con maggiore consapevolezza i vari livelli. Dalla borraccia, ai vari coltelli per scuoiare, lance, torce più o meno avanzate, rifugi, antibiotici, bende, stecche per arti rotti: insomma di tutto e di più per un’esperienza (simulativa in grande parte) che riesce a fare centro nel suo intento.
Un aspetto che salta subito all’occhio fin dal primo avvio di Icarus è la cura per il dettaglio negli ambienti naturali che esploriamo nel corso di ore e ore di gioco. Il colpo d’occhio di questo mondo visto dal lontano, da un altura come il viandante sul mare di nebbia, ci inebria a tal punto da lasciarci a bocca aperta. Ogni albero, ogni cespuglio, ogni erbaccia o fiore è caratterizzato in maniera tale da essere non solo riconoscibile, ma anche credibile nelle sue forme e nei suoi colori. Una cura che si rispecchia perfino di notte, quando ad esempio decidiamo di dare fuoco ad un cespuglio o ad un albero: un’esperienza incredibile che lascia senza fiato e che ci permette di apprezzare appieno il motore grafico che tira avanti il gioco.
I passi in avanti fatti nel corso dello sviluppo e delle varie open beta sono stati apprezzabili, ma comunque già dal principio assolutamente validi. Tuttavia, se da una parte questa caratterizzazione dell’ambiente naturale è perfetta e bellissima da vedere, quella degli animali della foresta è un po’ meno riuscita. Certo, paragonato ad altri titoli del passato ci troviamo di fronte ad un dipinto iper-realista, ma gli animali che sembrano veri ad una certa distanza perdono di credibilità quando sono visti da pochi metri o addirittura da poche decine di centimetri. Le loro texture non sono curate tanto quanto quelle delle vegetazione, e questo diventa evidente soprattutto per coloro i quali riescono a pompare leggermente di più la grafica grazie ad una gpu di ultima generazione.
Sono molti i titoli survival in cui ci troviamo di fronte situazioni paradossali o comunque addolcite rispetto a quella che è la realtà. Ma la verità è che questo nuovo titolo non perdona il più piccolo errore, e questo emerge soprattutto nelle missioni iniziali, in cui la nostra abilità di creare armi o oggetti è limitata e ci costringe ad avventurarci nell’esplorazione selvaggia senza un piano ben preciso. Incontrare un lupo o un orso in giro per la foresta è un’esperienza straziante e nel 90% dei casi sarà impossibile fuggire o uccidere le bestie senza rimanere praticamente dissanguati a terra. Spesso siamo stati abituati a pensare “questo piccolo salto sicuramente non mi farà nulla..” o anche “probabilmente quest’orso morirà con una freccia ben piantata nel cranio..” e “camminare sotto la pioggia è romantico..”: beh, dovremo cambiare mentalità, perché ad ucciderci potrà essere anche un salto mal calibrato o un incontro fortuito nel bosco. Bagnarsi e stare al freddo ci procurerà un bel raffreddore e stare esposti ad una tempesta ci porterà inesorabilmente alla morte con il passare del tempo.
Sotto questo profilo Icarus non ha pietà di noi e non addolcisce la pillola in nessun modo. La fretta è stata effettivamente il nostro principale nemico: affrontare una missione pensando di poter semplicemente correre tra gli animali della foresta senza pensieri oppure scalare una montagna in t-shirt è decisamente proibitivo. Alla base delle meccaniche di Icarus c’è da considerare una fase di preparazione alla missione in grado di occupare anche il 90% del tempo totale: costruire armi adeguate, potenziare le difese, studiare strategie di attacco sono elementi a dir poco fondamentali per l’approccio survival del titolo, che punta tutto su questo realismo che dà grande risalto alle meccaniche e alle ore passate davanti allo schermo.
Questi perché la morte del nostro personaggio ha un significato molto profondo
e ci costringe a perdere molto tempo nel ritrovare il nostro zaino con tutto l’inventario: ma la parte più brutale è quella relativa alla perdita dell’esperienza accumulata. La perderemo tutta, se stiamo a 9.999 XP su 10.000 e moriamo, dovremo raccogliere da zero l’esperienza per quel livello, vanificando totalmente i nostri sforzi. In multiplayer è meno evidente, poiché i nostri amici o compagni ci possono rialzare, ma in single player non ci lascerà scampo.Dove ci sentiamo di muovere alcune critiche è sotto il profilo del farming. Incrementare il proprio livello è fondamentale per cercare di sbloccare determinati oggetti o armi e soprattutto per potenziare le proprie abilità, ma spesso ci si ritrova semplicemente ad abbattere intere foreste di alberi esclusivamente per accumulare esperienza, oppure ad uccidere decine e decine di animali senza alcuno scopo pratico, se non quello di passare di livello. Un aspetto da non sottovalutare e che in alcuni casi diventa fin troppo evidente: integrarlo in elementi necessari alla sopravvivenza o comunque in side mission della missione avrebbe avuto più senso e contribuito a creare un’atmosfera diversa nelle sue meccaniche.
La sopravvivenza è il nostro scopo principale in Icarus e le meccaniche che la regolano sono tre: acqua, ossigeno e cibo. Se da una parte l’acqua e il cibo sono elementi che ritroviamo spesso in altri frangenti, l’ossigeno è una nuova variabile che tende ad aggiungere una preoccupazione in più nella nostra mente e anche l’unico elemento che ci ricorda in continuazione che ci troviamo su un pianeta alieno, e non su una versione selvaggia della Terra. L’acqua e l’ossigeno non sono mai un problema: si trovano facilmente in giro e possono essere portati con sé in tranquillità. Un aspetto strano è che la borraccia può essere sbloccata solo dopo alcune missioni, costringendoci nei primi frangenti a dover tornare sempre ad una fonte potabile. Allo stesso modo l’ossigeno, sotto forma di roccia, può essere estratto con una piccozza e conservato nel nostro zaino in grandi quantità: il rischio di rimanerne sprovvisti è poco, anche se dovremo tenerlo sott’occhio. Procurarsi il cibo invece non è così facile come ci saremmo aspettati. Bacche, angurie, funghi e zucche ci consentono di accumulare energie, ma è la carne degli animali a rappresentare il vero sostentamento della nostra dieta e che consente anche di ottenere dei bonus sulla salute e sul vigore. Procurarsela, almeno nei primi frangenti del gioco, non è così semplice, ma sbloccando lancia e arco potremo andare a caccia e sfruttare le nostre abilità nei modi più ingegnosi. Il comportamento degli animali è perfetto, il minimo movimento o rumore li fa scappare se siamo troppo vicini, e anche la fase di appostamento crea i giusti presupposti per intrattenere e non rendere questa parte, spesso sottovalutata, un mero compitino per poter sopravvivere. Andrebbe sicuramente rivista con l’inserimento di una certa casualità nel tiro della lancia o di una freccia da lontano, che centra nel 100% dei casi l’animale scelto, uccidendolo sul colpo neanche fossimo Robin Hood.
Parto da uno di quegli elementi che probabilmente avrà dato fastidio a molti: l’intro. Bellissimo il filmato, curato, pensato e realizzato alla perfezione, ma dopo due-tre volte vorremmo solo poterlo saltare e avviare il gioco. Certo, si tratta di poco più di un minuto, ma il fatto di non poterlo saltare crea un po’ di disagio, considerando anche il fatto che lagga in maniera eccessiva. Venendo invece al gameplay vero e proprio, succede molto spesso di rimanere incastrati tra le rocce, tra un albero e un cespuglio, tra l’erba a terra e delle bacche: insomma, il problema c’è e non è stato risolto, anche se almeno abbiamo a disposizione un pulsante nel menù che ci consente di sbloccarci in tutta semplicità senza dover riavviare il gioco (cosa non da poco).
Una volta morti, uccisi da una caduta, sbranati da un orso, schiacciati da un albero traballante o anche da un fulmine durante una tempesta, i nostri beni rimarranno nello stesso punto, in attesa di essere recuperati. Ecco, mi sono trovato a passare diverse decine di minuti per ritrovare il mio piccolo zainetto ormai sotto i cespugli, ricresciuti a ritmo vertiginoso, imprecando e sperando che ci potesse essere un altro modo per gestire questa fase. Fortunatamente questo aspetto è stato risolto con l’ultimo aggiornamento, che ha permesso di inserire una bandierina di posizionamento dello zaino, senza doverlo cercare troppo a lungo.
Dovendo scegliere tra DX11 e DX12, vi direi di andare con molta sicurezza con DX11. DirectX 12 è ancora troppo instabile e nonostante Icarus sia stato testato con una RTX di ultima generazione, mi sono ritrovato spesso a navigare tra i 25 e i 35 FPS, sperando con tutto me stesso che il framerate improvvisamente si sbloccasse e mi permettesse di giocare ALMENO a 60 FPS. Ma niente. Passando a DX11 la situazione migliora notevolmente sotto questo profilo, ma rimangono comunque numerosi lag che non rovinano assolutamente l’esperienza, ma che non possono essere ignorati e che speriamo possano essere risolti con degli aggiornamenti più stabili.
Concludiamo con il prezzo: 22,49 euro per la versione base e 53 euro per la versione con 2 DLC e la tuta per l’esplorazione. Diciamo che per quello che offre il gioco base, 22 euro non sono solo accettabili, ma perfettamente bilanciati, con un’esperienza appagante per gli amanti del genere con un elemento realistico incredibile, e che permette a noi giocatori di passare decine e decine di ore prima di pensare di passare eventualmente alle altre DLC. Mancano purtroppo degli elementi estranei, particolari e sconosciuti che dovrebbero far parte di un territorio extra-terrestre come quello in cui ci troviamo, e che avrebbero fatto sentire il giocatore meno “a casa” con un tocco di inventiva in più.