Chi è Pavel Durov? Trattasi del fondatore di Telegram che in passato si rifiutò di cedere i dati degli utenti ucraini di Vk durante la protesta contro un presidente filorusso. La domanda ora, vista la situazione di conflitto tra Russia ed Ucraina, sorge spontanea. L’uomo manterrà la promessa anche in questo caso?
Telegram: Durov, un uomo di parola
In ogni caso, la privacy degli utenti non verrà violata. Egli lo ha comunicato direttamente sul Durov’s Channel, il suo canale ufficiale. L’imprenditore ha sottolineato: “Alle persone che si chiedono se Telegram sia in qualche modo meno sicuro per gli ucraini, dato che un tempo ho vissuto in Russia. Se seguite i miei post, sapete che la mia famiglia da parte di madre ha le proprie radici a Kiev. Il suo nome da nubile è ucraino (Ivanenko) e abbiamo ancora molti parenti che vivono in Ucraina. Perciò questo conflitto tragico riguarda personalmente sia me che Telegram”.
Durov poi aggiunge: “Fatemi raccontare com’è finita la mia carriera in Russia. Nove anni fa ero il Ceo di Vk. Nel 2013 l’agenzia di sicurezza russa, l’Fsb, mi ha chiesto di fornirle i dati personali degli utenti ucraini di Vk che protestavano contro un presidente filorusso (l’ex capo di Stato Viktor Yanukovich, ndr). Mi sono rifiutato di obbedire, perché sarebbe stato un tradimento dei nostri utenti ucraini. Subito dopo sono stato licenziato dalla società che avevo fondato e costretto a lasciare la Russia”.
E infine conclude dando la sua parola: “Ho perso la mia azienda e la mia casa, ma lo rifarei ancora, senza esitare. Sorrido con orgoglio a rileggere il mio post su VK dell’aprile 2014, che riporta gli ordini dell’Fsb e la risposta con il mio marchio di fabbrica: un cane in una felpa con cappuccio. Quando mi sono opposto alle loro richieste avevo molto da perdere. Vivevo ancora in Russia, il mio team e la mia vecchia azienda avevano sede lì. Sono passati molti anni. E sono cambiate molte cose: non vivo più in Russia, non ho più aziende o dipendenti nel Paese. Ma una cosa rimane la stessa: io difendo i nostri utenti, non importa il resto. Il diritto alla privacy è sacro, ora più che mai”.