Chi è a capo delle grandi aziende che si occupano dei social media più popolari al mondo – tra cui Facebook, Instagram, WhatsApp, Twitter, e tanti altri – rischia fino a due anni di carcere. Per evitarlo, dovranno rendere noti gli algoritmi in uso sulle loro piattaforme. Il primo Paese a prendere sul serio questo provvedimento è il Regno Unito.
Il disegno di legge sulla sicurezza online proposto nel Regno Unito sarebbe il primo al mondo di questa portata. L’intento è creare nuove misure disciplinari che rendano responsabili le piattaforme per i rispettivi contenuti. Spesso queste piattaforme diventano un ostacolo per le autorità, forniscono informazioni false, veicolano, facilitano o incoraggiano atteggiamenti sbagliati.
Gli algoritmi che aiutano a decidere quale tipo di contenuto viene mostrato agli utenti in base alle loro abitudini online amplificano i contenuti dannosi. “Sono gli algoritmi che causano il danno alla radice. Questo disegno di legge obbligherà le piattaforme a esporre gli algoritmi”.
Ellen Judson, ricercatrice senior presso Demos, afferma che il disegno di legge pensato dal governo del Regno Unito “deve fare di più”. L’obiettivo generale del disegno di legge è quello di imporre alle piattaforme online di conformarsi e rimuovere i contenuti illegali o considerati dannosi, con sanzioni fino al 10% del loro fatturato globale annuo. Sarà sufficiente?
Regno Unito: in via di approvazione un disegno di legge che limita il potere dei social media
Il disegno di legge è stato rafforzato negli ultimi mesi, con l’aggiunta di diversi nuovi reati penali alla lista per costringere le società di social media ad agire più rapidamente sui contenuti illegali. Tra i reati aggiunti: revenge porn, post che incitano all’odio, frodi, vendita di droghe o armi illegali, promozione del suicidio. Inoltre, traffico di esseri umani e sfruttamento sessuale. Tutti questi reati adesso rientrano tra quelli prioritari.
Il cyberflashing diventerà un reato penale, punibile fino a due anni di carcere. Ci saranno anche nuove misure per reprimere i troll anonimi e dare alle persone un maggiore controllo su chi può contattarli. Tuttavia, si teme che incoraggiare le aziende tecnologiche a stabilire un quadro per i contenuti “legali ma dannosi” dia ai giganti dei social media troppo margine nella censura delle opinioni.
“Non perseguiremmo mai una legislazione che minacci la libertà di espressione, né possiamo mantenere l’attuale status quo. Una manciata di dirigenti della costa occidentale sono gli arbitri supremi di tutto quel che avviene online”.