Il colosso di Cupertino Apple avrebbe temporeggiato per ben due anni, prima di ammettere di non poterne più, e di decidere di passare all’azione. A Cupertino l’idea di sganciarsi almeno parzialmente dalla Cina sarebbe nata nel 2020.
In quell’anno il Covid ha dato un assaggio del terremoto che sarebbe stato capace di provocare senza guardare in faccia nessuno, né la gente comune né le aziende più grandi e all’apparenza invulnerabili. Scopriamo insieme maggiori dettagli.
Apple vuole emanciparsi dalla Cina
Secondo il racconto di Kuo, che segue sempre da distanza ravvicinata le vicende di Apple, a Cupertino però l’idea è sempre rimasta tale, “una proposta”, se vogliamo anche campata in aria. L’analista ha scritto: “Dopo l’ultimo lockdown cinese, per ridurre i rischi connessi all’approvvigionamento dei componenti, quella di creare una nuova base per lo sviluppo dei prodotti fuori dalla Cina non è più una proposta, ma un piano“.
Il recente lockdown cinese ha complicato la produzione dei prodotti della Mela, principalmente i nuovi MacBook Pro e iPhone SE. ni la produzione di Apple dipende fortemente dalla Cina. È cinese Foxconn, di gran lunga il principale attore che si occupa di assemblare i gadget della Mela, e sono cinesi gran parte delle aziende che producono i componenti che finiscono poi nelle linee di Foxconn. Tra queste, da qualche tempo, c’è anche Boe, produttore di display OLED, montati su moltissimi iPhone 13 standard.
E non è un buon periodo per Boe, anch’essa cinese, che da febbraio sarebbe costretta a fare i conti con le difficoltà produttive generate dalla carenza dei semiconduttori. Boe li acquista da LX Semicon, un’azienda che secondo TheElec vanta tra i clienti anche LG, la quale in un periodo di magra come quello attuale sarebbe riuscita ad accaparrarsi quei pochi chip che escono fuori dalle linee produttive, lasciando di fatto Boe a bocca asciutta o quasi.