L’idea di utilizzare enzimi per abbattere i rifiuti di plastica sta prendendo piede grazie a una serie di nuove scoperte in campo scientifico.
Un nuovo studio segna un altro passo avanti per la scienza, gli scienziati hanno sfruttato l’intelligenza artificiale per progettare un enzima che degrada alcune forme di plastica in sole 24 ore, con una stabilità che lo rende adatto all’adozione su larga scala.
Nel 2016, ricercatori in Giappone hanno portato alla luce un batterio che utilizzava enzimi per abbattere la plastica PET nel giro di poche settimane. Una versione ingegnerizzata di questi enzimi, soprannominata PETasi, ha ulteriormente migliorato le prestazioni e nel 2020 abbiamo visto gli scienziati sviluppare una versione ancora più potente che digeriva la plastica PET a una velocità sei volte superiore.
Un team dell’Università del Texas ha deciso di affrontare alcune delle carenze di questi enzimi finora. Secondo gli scienziati, l’applicazione della tecnologia è stata ostacolata dall’incapacità di funzionare bene a basse temperature e diversi intervalli di pH, dalla mancanza di efficacia nell’affrontare direttamente i rifiuti di plastica non trattata e da velocità di reazione lente.
Ecco come funziona la nuova versione ancora più veloce
Per risolvere questi problemi, il team ha sviluppato un modello di apprendimento automatico in grado di prevedere quali mutazioni in un enzima PETasi permetterebbero queste capacità. Ciò ha comportato lo studio da vicino di una gamma di prodotti in plastica PET, inclusi contenitori, bottiglie d’acqua e tessuti, e quindi l’utilizzo del modello per progettare un enzima nuovo e migliorato denominato PETasi FAST.
Questo enzima di nuova creazione si è dimostrato superiore nella scomposizione della plastica PET a temperature comprese tra 30 e 50 °C (86 e 122 °F) ad una diversa una gamma di livelli di pH.
È stato in grado di degradare quasi completamente 51 diversi prodotti in PET non trattati nell’arco di una settimana e in alcuni esperimenti ha demolito la plastica in appena 24 ore. Gli scienziati hanno anche dimostrato un processo di riciclaggio del PET a circuito chiuso.