La protagonista stavolta non è la tanto discussa Ferrero, ma un’azienda di macellazione francese chiamata Castel Viandes, con sede a Châteaubriant e responsabile della rivendita alle grandi catene come Auchan, Système U, Carrefour, Flunch e McDonald’s. Ciò che è emerso sconvolge tutti: sembra che nelle carni prodotte (scadute ed avariate) vi fosse la presenza di vermi e pericolosi batteri come la Salmonella e l’Escherichia coli. La vicenda è in circolo da ben 10 anni ma nessuno ha mai esternato lo scandalo, ad eccezione di un dipendente dell’azienda stessa.
McDonald’s: parla la figlia di uno dei dipendenti dell’azienda di macellazione
Il suo nome è Pierre Hinard, nel 2013 aveva l’impiego di responsabile della qualità dell’azienda ma scelse di denunciare ciò che accadeva all’interno della ditta. Egli perse il suo incarico riuscendo però a salvare un numero elevato di individui.
“Sono testimone da 13 anni del percorso del combattente e dei rischi che uno corre quando decide di agire contro le malversazioni di un’azienda potente per proteggere la salute di tutti. – racconta la figlia dell’ex dipendente di Castel Viandes. – Visti gli sforzi e i sacrifici che ci vogliono affinché una causa del genere non venga insabbiata, è più probabile che ci siano tanti altri problemi di sicurezza sanitaria nelle aziende agroalimentari. Tutto ciò a nostra insaputa. Spero che questa causa serva a far cambiare le cose.”
Ebbene, dopo anni di indagini, il processo per l’affaire de la remballe si è concluso. L’azienda Castel Viandes è stata finalmente accusata di aver commercializzato carne non idonea al consumo umano e falsificato i documenti relativi alla tracciabilità dei prodotti. Per un totale di 23 denunce mosse contro l’amministratore delegato Joseph Viol e i due dirigenti della ditta di macellazione.
Come si è conclusa la vicenda? L’azienda dovrà pagare una sanzione di 100.000 euro e 12 mesi di reclusione con sospensione della pena, oltre a una multa di 15.000 euro. Mentre per i due dirigenti è stata chiesta la detenzione di sei e quattro mesi – sempre con sospensione della pena – e due sanzioni: una da 5.000 e 3.000 euro.