Il POS è un terminale che consente di accettare qualsiasi tipo di pagamento con bancomat, carte di credito, debito o prepagate mediante un chip e una banda magnetica. Dal 30 giugno 2022, ogni commerciante dovrà obbligatoriamente favorire il POS nel momento in cui il cliente glielo chiederà. Inoltre, l’obbligo sarà esteso anche ad attività di prestazioni, liberi professionisti e tutti i venditori di servizi.
La disposizione trova la sua introduzione nel decreto-legge n.36, pubblicato il 30 aprile 2022 sulla Gazzetta Ufficiale. Quest’obbligo rientra nelle misure previste nel PNRR, Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, emanate al fine di ridurre l’uso del contante, soprattutto per via dell’evasione fiscale.
Ci sono ovviamente sanzioni se si rifiuta di accettare il POS: 30 euro più il 4% del valore della transazione rifiutata. Solamente in caso di “impossibilità tecnica”, come POS malfunzionante o mancanza di carta all’interno, si andranno ad applicare delle norme generali sulle sanzioni amministrative.
POS obbligatorio: chi dovrà attenersi al nuovo decreto-legge?
Le categorie interessate dalla misura, ossia quelle indicate prima, non sono d’accordo in toto sulla decisione, giudicando le commissioni fin troppo elevate. Il Governo, intanto, ha deciso di disporre delle agevolazioni per chi non si è messo ancora al passo: credito d’imposta sulle commissioni relative a pagamenti con POS; credito d’imposta per l’acquisto, il noleggio o l’utilizzo di POS collegati ai registratori di cassa; credito d’imposta per l’acquisto di sistemi evoluti di incasso, che contestualmente al pagamento consentono anche la memorizzazione e trasmissione telematica dei dati.
Infine, il nuovo decreto-legge n.36 ha anche introdotto l’estensione dell’obbligo di fatturazione elettronica dal 1° luglio. Questa estensione riguarda le categorie di contribuenti che rientrano nel regime di vantaggio, articolo 27 comma 1 e 2, Dl 98/2011, per i contribuenti in regime forfettario, articolo 1 comma da 54 a 89, legge 190/2014 e per i soggetti passivi, come le associazioni sportive dilettantistiche e gli enti del terzo settore, che hanno scelto il regime speciale ai fini Iva, articoli 1 e 2, legge 398/1991, e che nel periodo d’imposta dell’anno hanno registrato proventi fino 65mila euro.