La crisi che stiamo vivendo era inevitabile, vista la grave guerra in Ucraina. Ma a lungo andare la situazione potrebbe peggiorare notevolmente, portando blackout in tutto il mondo. Intanto vari quartieri di Torino e Milano si sono ritrovati al buio, con ascensori del Duomo fermi per paura che i turisti vi restassero bloccati. La colpa di tutto questo però non è solamente della Russia, ma dei condizionatori, dell’uomo e del caldo.
Vi spieghiamo meglio. Il caldo porta l’uomo ad azionare i condizionatori, i cui cavi elettrici esposti sotto al sole e in sovraccarico per la domanda conducono a loro volta ad un blackout totale. Per farvi un esempio, Milano venerdì ha succhiato dalla rete 25 gigawattora: il 10% in più rispetto al giorno prima, il 25% in più rispetto a una settimana prima e il 35% in più rispetto a un mese fa. Torino invece è aumentato dell’11% in sette giorni. Le reti che trasportano l’energia, realizzate decenni fa, possono non sopportare i carichi attuali. D’altronde nel 1980 ci bastavano 200 gigawattora, nel 2000 abbiamo toccato i 300, ora siamo a 320. Subito, quest’anno, abbiamo recuperato il livello pre-pandemia: giugno 2022, complice il caldo, è a +4% rispetto a giugno 2019.
Più si immette elettricità nei cavi, più si scaldano. «È l’effetto Joule» dice Carlo Alberto Nucci, professore di sistemi elettrici per l’energia all’università di Bologna. «Se aumenti la corrente del 10%, i cavi si riscaldano del 20%». Paolo Tenti, docente di reti elettriche moderne all’università di Padova, afferma: «Nelle città i cavi sono tutti interrati. Possono arrivare a 100, anche 105 gradi, ma non oltre. Bisognerebbe rifare le reti cittadine, ma non è facile», ammette Tenti. Torino è attraversata da 5mila chilometri di cavi, gestite da Ireti del gruppo Iren, Milano da 7mila, gestite da Unareti.