Un recente studio pubblicato dall’American Chemical Society potrebbe aver svelato come costruire un sistema di batterie in grado di caricare e scaricare 200.000 volt senza mostrare alcun consumo significativo o corrosione.
È una scoperta sorprendente fatta in un modo sorprendente: per caso. La batteria è stata creata da Mya Le Thai nel tentativo di sostituire un elettrolita liquido che aveva usato con un gel in un condensatore a stato solido.
Utilizzando nanofili d’oro rivestiti con ossido di manganese anziché con il tradizionale litio, la batteria era molto più resistente di qualsiasi altra cosa attualmente sul mercato, perdendo solo circa il cinque percento della sua carica.
La tecnologia non è pronta per l’implementazione commerciale perché le persone che l’hanno creata non sono ancora esattamente sicure di come funzioni. Inverse ha parlato con uno degli autori dello studio, Reginald Penner, che è presidente e professore di chimica del Cancelliere presso l’Università della California, a Irvine.
Hai affermato subito dopo la pubblicazione dello studio che non eri sicuro di come o perché stesse accadendo questa reazione.
L’ipotesi dei creatori
“Abbiamo un’ipotesi, e questo è il massimo. Quello che pensiamo è che questo gel permea molto lentamente nell’ossido di manganese, un materiale molto poroso”.
I dati suggeriscono che il gel sta penetrando molto lentamente nell’ossido di manganese. L’ossido di manganese è molto fragile; normalmente si frattura e cade dal nanofilo d‘oro. Ma questo non accade con il gel. Quindi si pensa che stia cambiando in qualche modo le proprietà fisiche dell’ossido di manganese, rendendolo più morbido e più resistente.
Quindi questa batteria ha una vita potenzialmente “infinita”, ma non è pronta per essere implementata su scala pratica e commerciale.
Non trasformeremo questa cosa in una batteria, perché siamo scienziati. Studieremo di più questo processo. Siamo interessati a capire cosa succede alle proprietà meccaniche del guscio di ossido di manganese, con e senza l’elettrolita gel.
Prenderemo uno strumento chiamato nanoindenter e colpiremo il guscio per testarne la durezza. Vogliamo anche studiare diversi gel e diversi ossidi metallici per vedere se ce n’è uno che fa il lavoro meglio di quello che stiamo usando finora e se si applica ad altri materiali oltre all’ossido di manganese.