Arrivano delle grandi sorprese da un materiale comunemente utilizzato nell’elettronica, ossia il biossido di vanadio.
A quanto pare, questo materiale è capace di ricordare per almeno tre ore gli stimoli elettrici ricevuti e può imparare a reagire a nuovi stimoli. Si tratta di una capacità sui generis che potrebbe aprire a delle future nuove applicazioni in nuovi settori. Uno su tutti è sicuramente sulla produzione di neuroni artificiali.
Lo studio è stato effettuato da uno studente del Politecnico di Losanna e ha descritto il tutto sulla rivista Nature Electronics. Il biossido di vanadio (VO2) è una molecola utilizzata da diverso tempo i molteplici settori.
In sé ha diverse importanti caratteristiche, per cui è messa sotto stretta osservazione da diversi esperti per capire se ci possono essere anche delle altre possibili applicazioni.
Neuroni artificiali e biossido di vanadio: la scoperta dello studente
Proprio durante una serie di esperimenti, uno studente di dottorato dell’Epfl, Mohammad Samizadeh Nikoo, stava analizzando le capacità isolanti di questo materiale, quando ha poi deciso di sottoporlo a variazioni di temperature e a stimoli elettrici.
Dopo aver ripetuto più volte l’esperimento e misurando i tempi delle trasformazioni, Nikoo ha scoperto che “il VO2 sembrava ‘ricordare’ la prima transizione di fase e anticipare la successiva”, ha detto Elison Matioli, a capo del laboratorio di ricerca di Samizadeh Nikoo. “Nessun altro materiale si comporta in questo modo”, ha poi aggiunto.
Nell’esperimento è stata osservata una specie di memoria dell’impulso elettrico ricevuto in precedenza, il quale consentiva al materiale di avere una reazione più veloce nel momento in cui veniva stimolato.
La scoperta assume un’importanza enorme poiché potrebbe essere applicata nel mondo della microelettronica, in particolar modo per la riduzione dei consumi di energia dei chip o addirittura per aumentarne esponenzialmente la velocità.
Inoltre, un’altra possibile applicazione potrebbe essere quella dei futuri neuroni artificiali, cioè dei chip che si ispirano al funzionamento dei neuroni umani e che potrebbero cambiare radicalmente il mondo dell’informatica.